Firenze, 11 dicembre 2024 – Un incidente anomalo. Che dimostra ancora di più l’importanza dei controlli e della formazione di tutti gli operatori coinvolti negli impianti ad alto rischio. Fabio Ferranti (nella foto in basso) è il dirigente dell’Ispra (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) responsabile per le ispezioni sugli impianti industriali, tra i quali rientrano anche quelli a “rischio ambientale rilevante”. Nel censimento degli impianti a rischio di incidente rilevante è incluso anche il deposito oli dell’Eni di Calenzano.
Che idea si è fatta dell’incidente? Che cosa può essere successo?
“Sicuramente siamo in presenza di evento anomalo, eccezionale. Evidenzia che anche le pensiline di carico possono essere oggetto di situazioni disastrose. Ci ha sorpreso soprattutto la deflagrazione che presuppone l’innesco di un’atmosfera esplosiva. C’è un’indagine in corso e l’Ispra non è coinvolta. Probabilmente bisognerà verificare il livello di preparazione di tutti gli addetti alla manipolazione e al travaso di queste sostanze e, ovviamente, se gli strumenti utilizzati fossero perfettamente efficienti”.
Ma l’impianto non era troppo vicino a centri abitati e uffici?
“Stiamo parlando di impianti esistenti, già precedentemente autorizzati. Certo, oggi, nel momento in cui si va ad autorizzare un nuovo deposito di stoccaggio, vengono effettuate una serie di valutazioni autorizzative che cercano di distanziare il più possibile l’impianto dai centri urbani. La direttiva Seveso fissa una serie di norme molto precise e prevede che, in relazione alle sostanze stoccate, sia elaborato un piano di emergenza esterno, oltre a quello interno previsto dalla normativa sulla sicurezza del lavoro”.
Dopo la direttiva Seveso sono stati censiti circa mille stabilimenti a rischio rilevante. Che cosa si fa per evitare incidenti? Le norme funzionano?
“Dobbiamo distinguere fra 468 impianti cosiddetti con una soglia inferiore di pericolosità e circa 507 con una soglia superiore. Non si tratta solo di siti di stoccaggio di gpl o prodotti petroliferi ma anche altri tipi di impianti produttivi. Tutti sono tenuti a notificare, periodicamente, anche al Comitato Tecnico Regionale, la situazione dal punto di vista della sicurezza. Le regole sono stringenti”.
Ma chi controlla i gestori?
“Le ispezioni hanno una cadenza triennale. A Calenzano l’ultima ispezione consultabile risale al 2017. Poi nel 2021 era stato elaborato un piano di emergenza e il gestore aveva trasmesso la notifica sulla situazione dell’impianto nel 2023. Ma non escludo che possano essere stati effettuati ulteriori controlli da parte dei Vigili del Fuoco”.
Non sarebbe necessario intensificare queste ispezioni? Tre anni sono un’eternità...
“È un termine fissato dalle direttive europee. I gestori sono tenuti ad aggiornare le rispettive notifiche su un portale pubblico. E poi ci sono le ispezioni a sorpresa”.
Non c’è anche un problema di organici per gli ispettori?
“Sicuramente siamo pochi. Ce ne sono appena 10-15 per ogni regione e solo 6 che operano su tutto il territorio nazionale. Del resto si tratta di persone che hanno un livello di professionalità molto alto e hanno bisogno di un’adeguata formazione”.
Se un incidente così succede in una fabbrica dell’Eni, cosa può avvenire in aziende più piccole?
«Molto dipende dalle sostanze detenute e movimentate. Non sempre piccola azienda equivale a più pericolosa, dipende soprattutto dal sistema di gestione interna e dall’attenzione dei singoli operatori».
Ma c’è un grande problema di prevenzione, non trova?
“Sì, occorre accrescere sicuramente il livello di preparazione di tutti i soggetti coinvolti in queste attività. Per questo le ispezioni sono fondamentali perché toccano tutti gli aspetti del problema, dalla formazione professionale ai processi produttivi e all’organizzazione del lavoro. Sono fattori fondamentali per evitare il ripetersi di tragedie come quella della Toscana”.