"Se sono vivo, lo devo a mia figlia. È stata eroica. Quando sono scivolato nel dirupo, si è lanciata a sua volta, per raggiungermi. Ha cercato di coprirmi, per proteggermi dal freddo, e prestarmi i primi soccorsi. Poi è corsa giù a valle, da sola, per chiedere aiuto. Senza di lei non sarei qui a raccontarlo". Da un letto d’ospedale, Marco Menichetti, 56 anni, ex assessore di San Donato Milanese, esperto di mobilità sostenibile e protagonista, sul territorio, di tante battaglie per la tutela dell’ambiente, parla così del brutto infortunio in montagna, che avrebbe potuto costargli la vita. L’episodio è accaduto nel pomeriggio di sabato a Carcoforo, comune della Valsesia, nel Vercellese. Menichetti si trovava lì per un fine settimana sulla neve. Lui e la figlia Viola, 16 anni, avevano deciso di fare un’escursione lungo il sentiero che da Carcoforo porta al rifugio Alpe Massero, a circa duemila metri di altezza. Un’esperienza che avrebbe dovuto essere divertente, di condivisione. E invece ha rischiato di trasformarsi in una tragedia. "Si tratta di una camminata semplice, in teoria, di un paio d’ore – spiega il sandonatese –. Arrivati in cima, però, abbiamo perso la strada perché i cartelli segnaletici, ricoperti dalla neve, non erano più visibili".
Nel tentativo di orientarsi e riprendere il tracciato, Menichetti ha perso l’equilibrio ed è scivolato per un centinaio di metri in un canalone, ritrovandosi in mezzo alla neve e procurandosi fratture in varie parti del corpo. La figlia non ci ha pensato un attimo: non ha esitato a raggiungere il padre, per accertarsi delle sue condizioni. Poi è corsa verso il paese più vicino, per allertare i soccorsi. La ragazza ha dovuto camminare per circa un’ora, in condizioni psico-fisiche precarie, prima di riuscire a lanciare la chiamata di emergenza, visto che in zona c’era poca copertura di rete.
Il soccorsi alpini si è mosso da subito, ma le squadre sono riuscite a raggiungere il ferito solo dopo due ore e mezza, quando era già calato il buio: Menichetti infatti si trovava in un luogo impervio, difficile da individuare. "Ho cercato di resistere il più possibile e indicare, con la torcia del cellulare, il punto esatto dove mi trovavo. Quando finalmente sono stato raggiunto, ero già in avanzato stato d’ipotermia. Ormai avevo quasi perso le speranze di potercela fare, mi auguravo solo che si salvasse mia figlia". Poi l’epilogo, in positivo. In quel momento la base dell’elisoccorso di Torino era chiusa a causa del meteo avverso, così è stato richiesto l’intervento dell’elisoccorso valdostano, in assetto notturno, per recuperare il ferito col verricello.
Menichetti è stato trasportato all’ospedale Parini di Aosta, in gravi condizioni, ma per fortuna non in pericolo di vita. Ha riportato, tra l’altro, un trauma alla testa, una frattura scomposta alla gamba destra e la lussazione di tre costole. È ricoverato in terapia intensiva. Anche la figlia è stata trasferita in ospedale con svariate escoriazioni e una sospetta frattura a una mano. Di certo la 16enne ha dimostrato un coraggio e un prontezza non così scontati per una persona della sua età.
Il tema degli incidenti in montagna resta di stretta attualità. Venerdì sera in Alta Val Brembana, nella Bergamasca, è stato trovato morto all’altezza del rifugio Benigni, 2.222 metri di altezza nel comune di Ornica, un escursionista milanese di 64 anni, Giampietro Agostini, fotografo e docente alla scuola Bauer del capoluogo lombardo. L’uomo aveva telefonato ai soccorritori dicendo di essere caduto in un burrone, senza tuttavia riuscire a fornire indicazioni esatte sul luogo dove si trovava. È stato individuato solo dopo diverse ore, quando ormai per lui non c’era più nulla da fare.