Venezia, 26 novembre 2024 – Parola alla difesa nel processo per il femminicidio di Giulia Cecchettin: Filippo Turetta è di nuovo presente, a fianco dei suoi avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera. A loro l’arduo compito di evitargli l’ergastolo, richiesto ieri dal pm Andrea Petroni. “Oggi ho un compito non facile – ha esordito nella sua arringa Caruso – assistere, difendere un imputato reo confesso di un omicidio efferato, gravissimo e altri reati satellite. Assisto un giovane ragazzo che ha ucciso una giovane ragazza privandola della vita, dei ricordi, dei sogni, delle speranze, dei progetti e la priva di tutti i legami che la univano alle persone che l'amavano e aveva riposto in lei aspettative di un futuro radioso”.
È il momento della versione dell’imputato: verranno ricostruite le dinamiche di quanto accaduto l’11 novembre 2023. Non è escluso che il 22enne possa rilasciare delle brevi dichiarazioni. Il giovane è accusato di omicidio volontario pluriaggravato, sequestro di persona e di occultamento di cadavere.
Evitare l’ergastolo: “Non usate la legge del taglione”
“Io sono il colibrì, voi siete il leone, non abbandonate la foresta in fiamme – l’allegoria dell’avvocato Caruso – Non dovete comprendere Filippo, dovete mettere un argine, quello della legalità. La civiltà del diritto vi impone di giudicare Turetta con una mano legata dietro alla schiena che non corrisponde alla legge del taglione”.
D’altronde, i difensori non sono in aula per evitare una condanna al loro assistito, bensì per evitare l’assegnazione dell’ergastolo: “'È da molto tempo ritenuto una pena inumana e degradante, le pene devono tendere alla rieducazione del condannato. L'ergastolo è il tributo che lo stato di diritto paga alla pena vendicativa”.
“Non c’è stata premeditazione”
L’obiettivo principale della difesa è quello di far cadere l’ipotesi della premeditazione. “Quello di Filippo Turetta non è un caso di scuola di premeditazione come detto dal pm – ha spiegato Caruso nella sua arringa – Non c’è stata premeditazione dal punto di vista 'ideologico, piuttosto un ‘vediamo un po' come va’”.
E poi: “Se c'è uno che non sa premeditare alcunché è Filippo Turetta, non me ne voglia ma, a meno che non sia il più consumatore degli attori, è insicuro: è insicuro di fare gli esami, non sa se riprendere a giocare a pallavolo, non sa se Giulia è ancora innamorata di lui”.
Per convincere i giudici della sua tesi, Caruso ha letto alcuni estratti dei verbali di interrogatorio e del memoriale in cui Turetta afferma che il suo intento era quello di sequestrare Cecchettin.
Una strada in salita dimostrare l’assenza di premeditazione, considerando quanto ritrovato sul cellulare di Turetta, lo studio delle mappe per la fuga e un delitto consumatosi in tre freddissimi atti: prima nel parcheggio di Vigonovo, poi nell’area industriale di Fossò e infine al lago di Barcis (Pordenone), dove Turetta si è disfatto del cadavere.
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