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Il cardinale Carlo Caffarra in uno scatto d'archivio (Foto Schicchi)
Bologna, 6 gennaio 2015 - «È comune presso popoli e culture diverse indicare la nostra vita come un cammino. Un cammino che tuttavia può realizzarsi in due modi, prendere due figure: il vagabondaggio, il pellegrinaggio. Il vagabondo non ha una meta; naviga sempre a vista nel mare della vita, senza orientarsi verso un porto, perché non ritiene che esista o comunque ha perso la bussola che lo orienti. Il pellegrino al contrario ha una meta, e quindi un orientamento nella sua esistenza. I Magi sono pellegrini». È un momento dell’omelia dell’arcivescovo di Bologna, cardinale Carlo Caffarra, nella Messa per l’Epifania celebrata nella cattedrale di San Pietro.
«Mutilare la propria ragione, impedendole di navigare oltre ciò che è verificabile e sensibilmente costatabile, rende impossibile alla persona mettersi in viaggio verso l’incontro col Volto del Mistero», ha detto tra l’altro Caffarra, che si è soffermato anche sull’idolatria. «L’idolatria - ha sottolineato - consiste nel mettere al posto di Dio qualcosa d’altro; nel caso di Erode, il proprio potere regale. La luce della stella che guida si oscura, perché l’uomo ha perso la verità del suo orientamento fondamentale, disperdendosi nella molteplicità dei suoi desideri. L’idolatria genera sempre consumismo, insaziabile voracità di beni effimeri, l’uno o l’altro ritenuto di volta in volta ciò di cui non si può far senza». «La fede - ha concluso il cardinale - ci introduce in una casa, in una dimora, in una famiglia. Il mio personale atto di fede mi inserisce in una comunità di credenti che sono come un solo uomo».