"Un’ombra. Così ti riduce il carcere". Tre metri quadri è lo spazio vitale minimo al quale ogni detenuto avrebbe diritto. Ma negli istituti penitenziari italiani, nel 27% dei casi, le celle non garantiscono nemmeno questo. Il dossier dell’Associazione Antigone traduce in numeri una condizione asfissiante che in estate, con il caldo che fa da innesco, finisce persino per peggiorare. Sono solo 38 su 189 le carceri "vivibili", non sovraffollate. Il sistema accetta circa 14mila persone in più rispetto alla capienza regolamentare, che spesso non è quella reale, perché non tutti i posti sono disponibili. Un tasso ufficiale del 120% di affollamento che supera il 130% in quello reale. In 8 carceri si supera persino il 190%. Risultato: una serie infinita di ricorsi per condizioni detentive degradanti. Uno su due viene accolto. È lo Stato che boccia lo Stato.
Negli ultimi 12 mesi gli ingressi sono stati quasi 4mila nelle carceri per adulti e 586 nei minorili, sovraffollati anche questi. È un carcere ‘sedato’, con il 39% dei detenuti che assume psicofarmaci. E sempre più luogo di morte: da inizio 2024 si sono tolti la vita 58 detenuti. Dieci suicidi soltanto nel mese di luglio. Avevano appena 20 anni i ragazzi che si sono uccisi a Novara e Pavia, i più giovani della lista. Il più anziano, un uomo di 81 anni a Potenza. Ventisette persone l’hanno fatta finita prima del sesto mese in cella. Otto erano dentro da una manciata di giorni.
Non c’è refrigerazione e spesso nemmeno ventilazione. Manca la luce naturale in molte celle. In alcuni casi, manca persino l’acqua. E poi le infestazioni. "Dal bidet escono i topi". "Siamo invasi da blatte e formiche". Condizioni degradanti, che hanno portato all’imperversare delle rivolte. Il presidente dell’associazione, Patrizio Gonnella, non esita a definirle "manifestazioni di disperazione". Un’estate incandescente che è iniziata il 27 giugno con la rivolta nel carcere romano di Regina Coeli, dove il sovraffollamento è ormai al 180 per cento. Il 4 luglio le proteste hanno infiammato anche il carcere di Sollicciano a Firenze, in risposta al suicidio di un detenuto, anche lui appena ventenne. Poi l’Ucciardone di Palermo e anche gli Ipm, con i disordini al Beccaria, a Casal del Marmo e a Nisida.
Un inferno riconosciuto anche dagli stessi tribunali italiani. I ricorsi per condizioni di vita degradanti presentati dai detenuti nel 2023 sono 9.574 e ne sono stati accolti più della metà, 4.731. "L’Italia viene sistematicamente condannata dai suoi stessi tribunali a indennizzare i detenuti per la violazione dell’articolo 3 della Carta europea dei diritti dell’uomo", commenta la coordinatrice dell’associazione Susanna Marietti. Ma i numeri "sottostimano il fenomeno", poiché mancano i ricorsi accolti dai tribunali civili. Meno di tre metri quadri. Ma chi sopravvive può essere risarcito.