Lunedì 23 Dicembre 2024
NINA FABRIZIO
Cronaca

Emanuela Orlandi, il fratello Pietro: "Se la politica si muove il Vaticano dovrà parlare"

Pd, Azione e M5s chiedono una Commissione bicamerale d'inchiesta sui casi insoluti. Calenda attacca: intervenga anche il governo, la Chiesa tace. Il fratello della 15enne sparita nel 1983: i papi hanno sempre saputo

Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela

"Busserò a tutte le porte, a destra e a sinistra. Il caso di Emanuela non è di parte, è una vicenda italiana che merita verità e giustizia". Pietro Orlandi è più combattivo che mai. Ieri era presente alla Camera per la proposta di una Commissione bicamerale di inchiesta sui casi di Emanuela Orlandi, Mirella Gregori e Simonetta Cesaroni, tre misteri della storia del Paese archiviati dalla magistratura.

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Pietro, dopo 40 anni di congetture, ipotesi, false piste e depistaggi, una Commissione di inchiesta del Parlamento può essere la svolta?

"L’hanno proposta Pd, Azione e M5s per ora, ma mi sento positivo. Si è capito ormai che questa non è la vicenda di una cittadina vaticana, ma un grande buco nero della storia italiana in cui sono coinvolti il Vaticano, la banda della Magliana e i più importanti servizi segreti. Io mi appello a tutte le forze politiche".

Però è il quarto tentativo di farla partire. Che cosa potrebbe emergere di significativo?

"Penso a quanto successo a Giancarlo Capaldo, il magistrato della procura di Roma che ha condotto per un certo periodo le indagini. Lui è stato protagonista anche di una trattiva con il Vaticano poi all’ultimo bloccata da qualcuno in alto Oltretevere. Lui è disponibile ad essere sentito in una procura ma né il Vaticano né Roma lo chiama. Alla commissione potrebbe finalmente dire quello che sa".

E il suo ruolo?

"Io sono anni che chiedo di poter verbalizzare sia presso la procura del Vaticano, sia presso quella di Roma, quello che so, ma non c’è nessuna risposta da una parte e dall’altra, non vogliono ascoltarci forse perché se dovessi verbalizzare farei i nomi di alcuni cardinali coinvolti e depositerei i messaggi whatsapp dove si parla di operazioni compromettenti".

Lei che idea si è fatto?

"Emanuela è stata usata per creare l’oggetto di un ricatto e se il Vaticano preferisce subire le critiche dell’opinione pubblica di mezzo mondo su questa vicenda è perché non può dire la verità, e questo fa capire che loro sanno. Francesco conosce tutta la verità, Benedetto XVI conosce tutta la verità, ne sono convinto al 100 per cento".

Lo crede davvero possibile?

"Assolutamente. Forse quando Francesco mi ha incontrato la prima volta a inizio pontificato e mi ha detto “Emanuela sta in cielo” poteva anche essere una frase di circostanza, ma dopo si è chiuso a riccio. Mi hanno detto esplicitamente: scordati che ti incontri! Io credo che la verità stia in quel grosso scatolone bianco consegnato da Ratzinger a Francesco in cui sono contenuti i risultati dell’indagine dei tre cardinali detective".

Ma perchè il Vaticano dovrebbe nascondere qualcosa?

"In quest’ultima intercettazione che è uscita, in cui a parlare è un ex sodale della Banda della Magliana, si parla anche di Giovanni Paolo II. Io non posso giudicare se sia attendibile o no. Per questo ci vorrebbe una Commissione che lo faccia, ma ho notato che l’ombra di Giovanni Paolo II fa paura a molti e molti altri è come se non volessero sentire, come si si tappassero le orecchie di fronte all’ipotesi di una qualche sua anche minima responsabilità. Per la Chiesa è un santo e per milioni di persone nel mondo è un eroe".

Si torna all’epoca di Wojtyla, dunque. Di recente le ha scritto anche Ali Agcà.

"Sì, non è la prima volta. È un mitomane? È un buffone? Non lo so, dovrebbe dimostrare quello che dice. Anche lui mi ha sempre parlato di una responsabilità del Vaticano, che glielo dissero dei preti dell’Opus Dei. Se non è così, almeno che venga smentito una volta per tutte".

Pensa che il Vaticano dovrebbe dire qualcosa, anche dopo l’interesse mondiale suscitato dalla serie tv ’Vatican girl’ e dagli ultimi sviluppi?

"Certo, dovrebbe essere nel loro interesse. Ma è come se preferissero accettare cumuli di critiche e sospetti piuttosto che fare chiarezza".