Città del Vaticano, 31 ottobre 2018 - Un mistero senza fine. Un mistero iniziato 35 anni fa e che ora si riapre. Da qualche giorno, infatti, in Vaticano sono in corso "accertamenti" sul rinvenimento di alcune ossa in area extraterritoriale vaticana. Rivenimento avvenuto durante alcuni lavori di ristrutturazione di un locale annesso alla Nunziatura Apostolica in Italia, a Roma, in Via Po 27. Allo stato attuale non è ancora certo a che epoca risalgano i resti e se riguardino una sola persona. In passato si sarebbero verificati altri episodi analoghi. Si stanno eseguendo comparazioni, concentrate in particolare sul cranio e sui denti, per verificare se i resti rinvenuti si ricolleghino al caso di Emanuela Orlandi.
Le indagini si svolgono in collaborazione con la magistratura italiana (la Procura di Roma indaga per omicidio). Un giallo dai contorni internazionali perché quell’adolescente, Emanuela Orlandi, era la figlia di un messo della prefettura della Casa pontificia e, in quato tale, era cittadina del Vaticano. Poche settimane prima, a maggio, era già scomparsa un’altra ragazza romana, Mirella Gregori e i due casi per qualche tempo furono collegati.
Emanuela Orlandi, che oggi avrebbe cinquant’anni, scomparve verso le 19 del 22 giugno 1983, dopo essere uscita da una scuola di musica a piazza Sant’Apollinare. Quella sera, uscì dalla lezione dieci minuti prima del previsto, telefonò alla sorella maggiore riferendole che le era stato proposto un piccolo lavoro di volantinaggio per l’azienda di cosmetici Avon ad una sfilata di moda, pagato esageratamente (circa 375.000 lire). La sorella le disse di non prendere in considerazione l’offerta, Emanuela rispose che ne avrebbe parlato con i genitori e riattaccò. Fu l’ultimo contatto con la famiglia. Dopo incontrò un’amica, uscita anche lei dalla lezione, a cui chiese consiglio su cosa fare per quel lavoro. L’amica senza sbilanciarsi la accompagnò alla fermata del bus dove, secondo la testimonianza di un vigile urbano, Emanuela avrebbe parlato con un uomo alla guida di una Bmw nera sulla quale, forse, sarebbe salita.
Dopo le prime ricerche, condotte dalla famiglia, cominciano le telefonate: principalmente di sciacalli e mitomani. Mentre il 5 luglio successivo nella sala stampa vaticana squilla un telefono. All’altro capo c’è un uomo che parla con uno spiccato accento straniero (ribattezzato ‘l’Amerikano’) e, facendo riferimento alla scomparsa di Emanuela, auspica l’intervento di Giovanni Paolo II. L’uomo chiama in causa Mehmet Ali Agca, che aveva sparato al Papa in Piazza San Pietro, chiedendo che sia liberato entro il 20 luglio. E lo stesso Agca tre anni fa tornò a dichiarare che Emanuela Orlandi "è viva e si trova in un convento". Mentre i magistrati della Cassazione il 6 maggio 2016 confermarono l’archiviazione dell’ultima inchiesta. La famiglia non si è mai arresa. "È un sacrosanto diritto avere verità e giustizia, non ci rinunceremo mai", ha affermato lo scorso giugno il fratello Pietro che, dopo la chiusura delle indagini da parte della Procura di Roma, ha chiesto giustizia direttamente al Tribunale Vaticano. Ora la notizia sul ritrovamento delle ossa e gli accertamenti per verificare se le ossa possano essere compatibili con il dna di Emanuela Orlandi ma anche di Mirella Gregori, le due adolescenti scomparse appunto 35 anni fa, e la famiglia di Emanuela che stamattina torna a parlare tramite il legale Laura Sgrò: "Chiederemo alla Procura di Roma e alla Santa Sede in che modalità sono state trovate le ossa e come mai il loro ritrovamento è stato messo in relazione con la scomparsa di Emanuela Orlandi o Mirella Gregori. Il bollettino emesso ieri sera dalla Santa Sede fornisce poche informazioni".