Roma, 25 luglio 2023 - "Dopo 40 anni noi non sappiamo né come, né quando, né da chi, né nell’interesse di chi, Emanuela Orlandi sia scomparsa. È doveroso da parte della famiglia rivendicare questa conoscenza, il problema è se lo strumento del processo penale sia il più adeguato per arrivarci". Rimescola le carte Otello Lupacchini, ex magistrato, con alle spalle inchieste come l’omicidio del pm Mario Amato e quella del banchiere Roberto Calvi. Ma è soprattutto per la prima maxi retata contro la banda della Magliana, di cui fu regista, l’operazione ’Colosseo’, ad essere conosciuto al grande pubblico. Affermato giusfilosofo, in questa intervista al Qn, Lupacchini conduce i lettori per mano lungo molti interrogativi.
Lupacchini, di banda della Magliana o almeno di suoi sodali si torna a parlare ora che il Vaticano, a 40 anni di distanza, ha aperto un’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela e gli inquirenti oltre ad aver acquisito l’ormai famoso audio di Marcello Neroni che getta un’ombra di discredito sulla condotta morale di san Giovanni Paolo II, lo avrebbero anche sentito.
"Lo dice lo stesso promotore di giustizia, Alessandro Diddi, senza aggiungere come si sia convinto che Neroni sia affetto da demenza senile. Lasciando da parte questo, trovo più interessante capire perché Neroni si presentava al giornalista dell’audio, sapeva probabilmente di essere intercettato e fa quelle dichiarazioni in un contesto molto ampio".
Chi è veramente Neroni?
"In maniera molto chiara io avevo scritto nella ordinanza di rinvio a giudizio che era un ‘souffleur’, una spia che giocava su più tavoli vicino a certi personaggi eminenti della polizia e dei servizi di cui si faceva scudo anche nel processo. Una indagine che voglia essere seria e puntuale dovrebbe stabilire ora per allora perché in quel momento, con quell’incontro e con quelle modalità, Neroni fa quelle dichiarazioni".
In che anno siamo?
"Nel 2009. Siamo nel momento in cui è in piedi l’indagine di Giancarlo Capaldo e vengono valutate le dichiarazioni di Sabrina Minardi. Questo è il vero problema, se ci fosse un regista dietro alla performance di Neroni".
Con il caso Orlandi, la banda della Magliana, c’entra o no?
"Io ho interrogato tutti coloro che erano ancora in vita, persone che avevano interesse ad accreditarsi come collaboratori per usufruire dei benefici, dovevano dire qualcosa di verificabile per cui uscì fuori tutta una serie di dichiarazioni su Pecorelli, o Andreotti o Vitalone, o sui movimenti eversivi ma nessuno ha mai adombrato alla vicenda di Emanuela Orlandi".
Proprio nessuno?
"Abbatino nel delineare le ragioni dello scontro insanabile tra l’ala ortodossa e quella testaccina indica due fatti, l’attentato a Rosone e l’omicidio Balducci dicendo che in questo modo i testaccini avevano operato per conto di Cosa nostra rompendo le regole che nascevano dal patto di collaborazione del cartello. Ma nessuno ha accennato alla vicenda di Emanuela Orlandi come motivo di conflitto, se così fosse stato, la partecipazione sarebbe stata una vicenda dirompente al pari dell’attentato a Rosone. A questo punto non posso affermare che l’ala testaccina o lo stesso De Pedis che tra l’altro agiva d’autonomia abbiano preso parte in qualche modo al sequestro ma il campo della possibilità è poco più avanzato di quello dell’ignoranza".
Quali altri dubbi?
"La stessa Minardi racconta una vicenda che solo chi crede nell’esoterismo può prendere per buona quando dice di essere stata informata da De Pedis che le avrebbe fatto vedere due sacchi di immondizia con in uno Emanuela Orlandi e nell’altro il piccolo Domenico Nicitra. Peccato che la Orlandi scompare nell’83 e Nicitra nel 1993, mentre De Pedis era deceduto nel 1990".
Come se ne viene fuori?
"Di fronte a una Commissione parlamentare di inchiesta, molti interrogativi che non è possibile sciogliere in chiave giudiziaria potrebbero essere risolti, il giudice è uno storico dalle mani legate, e il fatto che la commissione abbia gli stessi strumenti non può portare ad equipararla all’autorità giudiziaria. Inoltre non vedo né rischi di sovrapposizioni né di inquinamenti ma semplicemente, semmai la messa in evidenza di elementi di contraddizione. La commissione di inchiesta non può condizionare in negativo l’accertamento giudiziale, a meno che questo non abbia già una tesi preconfezionata".
5-continua