Roma, 23 novembre 2024 – Mehmet Ali Agca oggi vive a Istanbul e da lì insiste per essere ascoltato dalla commissione parlamentare d’inchiesta che si sta occupando della scomparsa di Emanuela Orlandi. “Ho un solo obiettivo – racconta Agca –, consegnare la verità al Parlamento italiano e al Vaticano sull’attentato al Papa e sulla scomparsa di Emanuela. Il 20 dicembre 1982 fu il Parlamento italiano a certificare che l’attentato era un complotto internazionale ufficializzando la pista bulgara e dichiarando che il tentativo di uccidere papa Giovanni Paolo II era stato organizzato dai Paesi comunisti. Il secondo passo di questo intrigo fu il rapimento di Emanuela da parte di quella società segreta del Vaticano che si chiama Entità. Entità è anche uno dei nomi di Satana, dunque anche il mistero di Emanuela Orlandi è totalmente collegato al mistero della Madonna di Fatima che aveva annunciato l’attentato a Papa Giovanni Paolo II”.
Lei fa riferimento ad una seduta della Camera in cui quasi tutto l’arco costituzionale sosteneva che la Bulgaria le avesse commissionato l’attentato. Entità, invece, sarebbe una lobby che senza scrupoli protegge un potere occulto, ma della sua esistenza non vi è mai stata una prova concreta. Fatte queste precisazioni, perché la sua richiesta non è stata accolta?
“Il Parlamento, anche su ordine del Vaticano, l’ha respinta per evitare uno scandalo mondiale dato che i tre più grandi imperi, quello vaticano, quello americano e quello europeo, sono coinvolti nel complotto internazionale della pista bulgara e della scomparsa di Emanuela. Io rivelerei tutta la verità sull’attentato e sul rapimento con delle prove documentali e chiuderei il discorso definitivamente, ma lo Stato vaticano, il governo americano e il governo italiano hanno deciso di lasciare le cose come stanno”.
Le sue rivelazioni aiuterebbero a ritrovare Emanuela?
“Non ho mai detto di sapere esattamente dove venisse nascosta, ma so che poco dopo la sua scomparsa venne portata in un convento di clausura di uno Stato cattolico con la perfetta conoscenza del governo di quel Paese. Al padre fu promesso che la figlia sarebbe stata restituita entro pochi mesi. Tutto si è poi misteriosamente complicato e prima di morire il padre ha dichiarato: “Mi hanno tradito coloro che ho servito“, e noi sappiamo perfettamente che da cento anni e per tre generazioni la famiglia Orlandi ha lavorato per lo Stato vaticano”.
In passato lei ha detto che Emanuela era a Londra, mentre il pontefice ha confidato al fratello che la ragazza è in cielo. Come si conciliano le due posizioni?
“Io non ho mai avuto nessun contatto diretto con l’attuale pontefice, anche se gli ho mandato qualche messaggio molto importante mediante un uomo vicinissimo a lui. Questo è accaduto negli ultimi due anni, ma non ho mai ricevuto risposta. Inoltre è una menzogna che io abbia detto che lei venne portata a Londra. L’operazione Emanuela Orlandi fu realizzata dai servizi segreti di più Stati in modo perfetto e per questo motivo nessuno riesce a trovare nulla. Io credo che papa Francesco possa essere messo nelle condizioni di consegnare Emanuela Orlandi viva o morta alla sua famiglia immediatamente, ma su questo esiste una durissima opposizione dell’ Entità, dell’Opus Dei e di altri settori conservatori del Vaticano che vogliono il silenzio assoluto su questo mistero che li sta imprigionando spiritualmente e moralmente da 41 anni e che rovinerà il prossimo giubileo”.
Tante versioni verosimili, ma mai la verità. Non pensa sia arrivato il momento di farla emergere?
“Le tre inchieste condotte dal Vaticano, dalla Procura di Roma e dal Parlamento italiano finiranno assolutamente con un nulla di fatto. Possiamo paragonare il caso di Emanuela al rapimento nei musei vaticani di uno dei dirigenti del Kgb, il signor Vitaly Yurchenko, in una operazione messa in atto da Entità, dalla Cia e dai servizi segreti italiani. Lui fu portato al quartier generale della Cia a Langley con il benestare della Casa Bianca e del Vaticano. Il direttore della Cia, il cattolico William Casey, gli ha offerto milioni di dollari perché potesse accusare il Cremlino di aver ordinato l’attentato al Papa. Naturalmente l’offerta venne respinta, lui fu rilasciato e ritornò a Mosca dove questa storia non fu ingrandita dal presidente Gorbaciov per non danneggiare i rapporti che si stavano instaurando tra Usa, Unione Sovietica, Vaticano e Europa”.