Roma, 20 luglio 2023 – “Il promotore di giustizia Alessandro Diddi non mi può smentire, sono certo della fonte che mi ha dato la notizia. Diddi e Neroni hanno avuto un contatto, un colloquio. Non si sa se nella forma di una telefonata o di un vero e proprio incontro, questo dovrebbe dirlo lui". A parlare è il giornalista investigativo Alessandro Ambrosini, titolare di un notissimo blog sulla criminalità organizzata, ’Notte criminale’, che a un certo punto quasi ‘inciampa’ nel caso Orlandi per via di una lunga conversazione (registrata) con Marcello Neroni, ex sodale di Enrico de Pedis, "elemento di snodo" spiega Ambrosini al Qn , "tra la Banda della Magliana da un lato e le forze dell’ordine dall’altro perché dava e riceveva notizie".
Come entra Neroni nel caso Orlandi?
"Lui sicuramente è un testimone, non diretto ma de relato per i suoi rapporti stretti con il boss De Pedis".
Di questo audio del 2009 il grande pubblico conosce solo stralci del contenuto. Lei lo ha consegnato ai magistrati?
"Ufficialmente non mi è mai stato chiesto ma so che chi di dovere lo ha. Neroni ha giocato più volte millantando problemi di salute, addirittura una demenza senile. A me risulta invece che almeno all’epoca dell’audio, ricordasse molto bene nomi, fatti, circostanze, luoghi e fino ai 78 anni, andava anche a ‘riscuotere’ i crediti. Ora ne ha 82".
Che personaggio è?
"Non poteva essere un semplice informatore. Mi risulta che se lui o il figlio avevano da fare, la sua bisca in Prati era addirittura gestita da qualcuno dei servizi. Come informatore non sarebbe durato dieci giorni".
L’audio esce pubblicamente nel dicembre del 2022. Una bomba perché getta un’ombra su san Giovanni Paolo II. Neroni afferma che il segretario di Stato Casaroli voleva fermare “una cosa che era diventata una schifezza”. Poi che succede?
"Che Neroni scompare. Anche per questo sarebbe fondamentale sapere se Diddi lo ha convocato, tramite rogatoria? Tramite qualche conoscenza? O se gli ha solo parlato al telefono. In questo ultimo caso una sua eventuale testimonianza non varrebbe nulla".
Neroni sapeva cose importanti sul conto di De Pedis. De Pedis ha un ruolo secondo lei nel caso Orlandi?
"Ritengo fondamentale il ruolo di De Pedis e della sua batteria, non della Banda della Magliana. Per l’operatività nel rapimento, che poi può essere passato di mano ad altre persone, forse qualcuno del Vaticano stesso. Per quanto riguarda il movente, qui siamo nell’ambito delle ipotesi personali, il motivo del rapimento potrebbe essere stato per forzare un ricatto e potrebbe nascondere anche delle forme di molestie, dei rapporti indicibili".
Quindi ritiene che la pista giusta porti dentro al Vaticano?
"Io penso che sia stata una cosa molto vicina al Papa perché se no non si spiegherebbe la velocità che c’è stata tra la scomparsa di Emanuela e il fatto che il Papa sia stato avvertito subito, così come il suo repentino interessamento con i i suoi appelli; non si spiegherebbe nemmeno perché avrebbe indicato alla famiglia la pista del terrorismo internazionale. In ogni caso, per organizzare qualcosa di così articolato ci vuole un motivo molto forte, non può essere la semplice molestia di un prete, di un cappellano, il motivo deve essere legato a un personaggio di altissimo livello".
Che idea si è fatto della presunta pista dello zio, Mario Meneguzzi?
"È stato puro depistaggio attuato attraverso i media. Uno dei modi per depistare è infilare delle cose verosimili. Le avances dello zio alla sorella maggiore, Natalina Orlandi, erano un fatto risaputo agli inquirenti, non poteva essere uno scoop, è stato creato per spostare l’attenzione, una false flag che certamente ha disorientato. Io stesso ho ricevuto subito decine di chiamate in cui mi si chiedeva, ma allora è tutto dentro la famiglia? Reputo questo depistaggio molto grave".
Che altro emerge dalla sua conoscenza approfondita del mondo criminale romano?
"Uno dei punti poco scandagliati è quello dei cappellani di cui parla Marcello Neroni. E lo fa in modo dettagliato, preciso. Una figura chiave è don Pietro Prestinenzi, arrestato nell’ambito di un traffico di stupefacenti all’interno di Regina Coeli, nel 1985. Ma c’è anche un secondo cappellano che ha avuto un ruolo per i suoi rapporti con De Pedis e non è stato ritrovato".
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