Giovedì 8 Agosto 2024
LORENZO GUADAGNUCCI
Cronaca

A 80 anni da Sant’Anna di Stazzema. L’eccidio e la marcia per la pace: "Mai dimenticare quell’orrore"

I camminatori e i dossettiani guidati da frate Paolo sono partiti da Monte Sole, un altro luogo simbolo. “Quello che avviene oggi a Gaza è una ferita enorme. A cosa serve allora coltivare la memoria?”

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Il gruppo dei ’Camminatori per la pace e il disarmo’

Marzabotto, 11 agosto 2024 – Frate Paolo non nasconde e non si nasconde nulla: "Quel che avviene oggi a Gaza è una ferita enorme, un peso grandissimo. Lì è tutto nero, non si vedono soluzioni. Non ne vedono i nostri amici palestinesi e israeliani, non ne vedono i nostri confratelli in Terra Santa. I massacri che avvengono sotto i nostri occhi sono un’umiliazione anche per noi, che siamo in Palestina da decenni, con spirito di fraternità". Frate Paolo è seduto all’ombra di un platano davanti ai resti della chiesa di Casaglia, uno dei luoghi simbolo dell’eccidio di Monte Sole-Marzabotto del settembre-ottobre 1944, e parla al gruppo dei ‘Camminatori per la pace e il disarmo’, partito come ogni anno da Monte Sole per raggiungere Sant’Anna di Stazzema, in tempo per l’ottantesimo anniversario – domani, 12 agosto – dell’altra strage che funestò l’Appennino tosco-emiliano fra l’estate e l’autunno del ‘44: 560 italiani massacrati di cui 130 bambini per mano di tre compagnie della famigerata 16. SS-Panzergrenadier-Division.

È un cortocircuito della storia: coltivare la memoria della guerra e delle stragi di 80 anni fa e sentirsi afflitti, anche traditi, dalle cronache di questi giorni. Nel Vicino Oriente, nel Mediterraneo, insomma a Gaza, è in corso un’altra guerra ai civili, con decine di migliaia di morti, e i responsabili, stavolta, non sono gli “altri“; i responsabili, o almeno i complici diretti o indiretti dei massacri seguiti al terribile pogrom del 7 ottobre 2023 stavolta siamo noi, i “buoni”, l’occidente, le democrazie nate dalla resistenza al nazifascismo. È un anniversario difficile, questo, e mai come oggi il nesso fra storia e cronaca, fra memoria e presente, è stato così stretto; mai come oggi la salita a Sant’Anna di Stazzema è stata un momento di sofferenza, di presa di coscienza, di autocritica collettiva, di responsabilizzazione. Che fine ha fatto, ci si chiede, la promessa del "mai più"? A che serve omaggiare i “nostri” morti di allora, quelle vite annientate con crudele noncuranza, se ancora oggi, sotto i nostri occhi, altre “vite che non contano” sono annientate dall’esercito israeliano nel silenzio, nell’impotenza, con la complicità delle democrazie occidentali? Qual è, insomma, la memoria che stiamo coltivando? A che serve, questa memoria, se non si traduce in azione, se non mette tutto il suo peso morale nella pretesa di un intervento dei “nostri” governi a protezione di migliaia e migliaia di civili a rischio di annientamento?

Frate Paolo fa parte della Piccola Famiglia dell’Annunziata, l’ordine fondato da Giuseppe Dossetti, il politico che si fece monaco e che alla fine degli anni Ottanta si insediò coi confratelli a Monte Sole, portando un messaggio di fiducia nell’avvenire e uno spazio di riflessione in un luogo di morte, abbandonato dai suoi stessi abitanti, dai sopravvissuti all’eccidio. I dossettiani hanno una storica presenza anche in Palestina, nel villaggio di Ain Arik, poco lontano da Ramallah, una presenza nata con lo scopo di alimentare il dialogo fra le diverse comunità nazionali e religiose. Oggi sembra crollare tutto, anche la speranza, e la ragionata mestizia di frate Paolo è un riflesso della cronaca di questi mesi: il feroce attacco di Hamas del 7 ottobre – centinaia di vite falciate e vilipese nell’arco di poche ore, come nelle peggiori stragi della seconda guerra mondiale – e poi la violenta, vendicativa reazione dell’esercito israeliano, coi massacri quasi quotidiani. Ma proprio per questo dai luoghi della memoria potrebbe – dovrebbe – partire un grido di rottura, un’onda di mobilitazioni contro i massacri, una pressione fortissima sui nostri governi. Certo, ci si sente impotenti, troppo piccoli e impreparati per immaginare soluzioni diplomatiche pronte per l’uso, però Marco, uno dei camminatori, invita a non arretrare e cita una poesia di Montale: "Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. / Codesto solo oggi possiamo dirti,ciò che non siamo, ciò che non vogliamo".

Un punto fermo, in verità, già esisterebbe. Tutte le vite contano, nessuna esclusa: questo è il messaggio del tutto nuovo – un vero scatto della storia – che fu scolpito nelle Costituzioni democratiche e nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo all’indomani della seconda guerra mondiale, con le sue immani carneficine. Dovemmo chiederci, con onestà, proprio mentre pensiamo ai nostri morti di allora: è ancora valido, questo principio, nel nostro presente?