Mercoledì 4 Settembre 2024
YLENIA ROCCO
Cronaca

E sul pratone dei fratelli Cervi il popolo di sinistra sta coi pacifisti

Reggio Emilia, festa della Liberazione. Accoglienza fredda per la vice dell’Anpi favorevole alle armi per Kiev

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di Ylenia Rocco

GATTATICO (Reggio Emilia)

"E se muoio da partigiano tu mi devi seppellire, seppellire lassù in montagna, sotto l’ombra di un bel fior".

Le note e le parole di Bella Ciao sono la colonna sonora della Festa della Liberazione a Casa Cervi, luogo simbolo della Resistenza nelle campagne reggiane, dove vissero i 7 fratelli uccisi dai nazifascisti. Migliaia di persone, un prato colorato di magliette, bandiere rosse, tricolore. Giovani, tantissimi. Famiglie, gente di ogni età. Cuore partigiano, ma di fronte all’Ucraina il cuore si divide.

Alle 14.30, dopo il pranzo, i partecipanti si assiepano sotto il palco; la musica, che ha accompagnato l’intera mattinata, si spegne per lasciare spazio alle voci. La prima a parlare è Albertina Soliani, presidente dell’ istituto Alcide Cervi e vicepresidente dell’Anpi, l’Associazione nazionale partigiani italiani, già senatrice della Repubblica.

Le parole giuste sono difficili da trovare per lei, ma la traccia è netta, c’è un presupposto intoccabile: Putin e la Russia hanno minato la pace del popolo ucraino, aggredendolo.

L’obiettivo dell’Italia, quindi, dev’essere uno solo e cioè "riportare il sentimento dell’umanità al potere". Si può discutere sul come – ripete la Soliani –, "con o senza armi", ma non si può invece stare fermi a guardare le vite altrui distruggersi. Il 25 aprile è una data importante, è anche un augurio. E lei augura i un buon 25 aprile non solo all’Italia ma anche all’Ucraina e a tutti quei popoli che oggi non possono dirsi liberi come quello del Myanmar, dello Yemen, il Palestinese, il Curdo e del Saharawi. Reazione dal pratone coperto dal pubblico? Nessun entusiasmo. Anzi, qualche fischio e pochi applausi.

Pochi minuti dopo, cambio di scena. Sul palco sale don Luigi Ciotti, presidente di Libera contro le mafie. Il suo discorso è nettamente differente: chi vende armi non può assolutamente volere la pace. "Dove sono le Nazioni Unite e l’ Europa?" è la domanda. L’attacco alla politica non può mancare, considerando la guerra un fallimento della stessa. La reazione del pubblico è completamente diversa rispetto alle parole della Soliani, che nei giorni scorsi si era differenziata dal presidente nazionale dell’Anpi ribadendo che è giusto aiutare l’Ucraina, anche militarmente. Don Ciotti dice il contrario e tutti lo applaudono, molti si alzano in piedi.

Il sacerdote è un fiume in piena. Critica il voto unanime dei politici italiani per l’aumento del 2 % del PIL destinato all’acquisto di nuove armi, sottolinea che invece non sono sufficienti i soldi per la lotta alla povertà. E conclude elencando le altre 33 guerre di cui oggi non parla nessuno.

Tra chi applaude don Luigi Ciotti c’è Livio, che viene da Genova, è socio Anpi e da diversi anni festeggia il 25 aprile a Casa Cervi. Riguardo la guerra in Ucraina è categorico: "Nessuna guerra andrebbe combattuta. Se Putin e Zelensky vogliono combattere imbraccino loro i fucili e si mettano l’elmetto".

Livio non è solo. Attorno a lui un coro quasi unanime. "Inviare le armi al popolo ucraino, non lo aiuterà ma allungherà i tempi del conflitto". Questo il pensiero più condiviso qui, dove si celebra però la Resistenza italiana, la lotta dei partigiani e il sacrificio dei fratelli Cervi, che invece combatterono contro i nazisti imbracciando le armi.

Nel tardo pomeriggio Casa Cervi ospita anche Diana Bota dell’Associazione volontari ucraini in Italia. La sua testimonianza e la sua vita sono una sintesi di questo momento storico: "Mi sento tanto ucraina quanto italiana. Sono qui per questo. Sono qui per testimoniare il valore della resistenza ucraina".