Reggio Emilia, 24 settembre 2022 - Il fu Shabbar Abbas. Il padre di Saman vivrebbe godendo della protezione della sua comunità e del suo villaggio – dov’è molto potente grazie a proprietà terriere e parenti poliziotti – in Pakistan. Protetto da un’altra identità. È quanto rivelano a Novellara alcuni connazionali dopo essere rientrati in Italia dai loro soggiorni estivi nel loro Paese d’origine.
Secondo loro Shabbar si troverebbe nella sua abitazione, la stessa più volte raggiunta da troupe televisive, giornalisti italiani e pakistani negli scorsi mesi, trovandola apparentemente abbandonata e con un grosso lucchetto alla porta. Usando però alcune accortezze. Dall’uscire da una porta secondaria sul retro fino a un falso nome per potersi muovere tranquillamente e superare eventuali controlli in caso di accertamenti. Per assicurarsi l’impunità e assenza di sospetti in caso di controlli effettuati da tutori dell’ordine pubblico non legati al suo ‘giro’ di amicizie importanti.
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Nella stessa casa ci sarebbe anche la moglie Nazia Shaheen, la quale si farebbe vedere il meno possibile in paese, nei pressi di Mandi Bahuaddin, zona rurale nel distretto del Punjab. Su di loro pende un mandato di arresto internazionale emesso dall’autorità giudiziaria italiana nell’ambito dell’inchiesta per il presunto omicidio della figlia Saman Abbas. Gli unici due latitanti dei cinque accusati.
L’ambasciata pachistana in Italia, sia nelle settimane successive alla scomparsa della giovane sia in tempi recenti, ha sempre ribadito "la massima collaborazione" per ritrovare i coniugi al fine di estradarli e assicurarli alla nostra giustizia. Ma non si è mai giunti ad una vera e propria svolta. C’è stato un momento in cui – stando alle indiscrezioni di fonti vicine agli inquirenti – i carabinieri stavano per avere l’ok per volare verso il Pakistan, con un canale sinergico con le forze dell’ordine del Paese asiatico. Ma poi l’accordo diplomatico (una trattativa basata soprattutto su scambi d’interesse economico con l’Italia) non sarebbe stato raggiunto.
Gli sforzi mancati da parte del Pakistan sono sempre stati oggetto di discussione. Claudio Falleti, avvocato che assiste Saqib – il fidanzatino di Saman – non usa mezzi termini: "Penso che il Pakistan avrebbe potuto e dovrebbe fare molto di più. Dal quadro delle intercettazioni emerge con certezza che i genitori siano coinvolti a pieno titolo in questa vicenda. Gli strumenti per andarli a catturare ci sono, certo potrebbe esserci una difficoltà a reperirli. Ma credo non sia stato fatto tutto il possibile".
Dall’altra parte, tra le reazioni, c’è quella del garantismo processuale dell’avvocato difensore dei genitori (coi quali dice di non essere mai riuscito a parlare), Simone Servillo: "Non è neppure dimostrato che i miei clienti siano a conoscenza del processo", come già aveva obiettato nella fase di richiesta di rinvio a giudizio di tutti e cinque gli accusati.
Shabbar e Nazia erano partiti senza avvertire nessuno, in fretta e furia, il primo maggio 2021. Proprio all’indomani della data indicata dagli inquirenti come presunta uccisione di Saman. Erano partiti da Novellara all’alba grazie al passaggio di un connazionale, a bordo di una Opel Zafira, direzione Milano Malpensa. E proprio le telecamere dell’aeroporto li avevano immortalati al gate, in procinto di imbarcarsi sul volo diretto in patria con scalo in Qatar. Da lì in poi non sono più tornati.