Catania, 20 novembre 2017 - SONO PASSATI esattamente due mesi da quando un paziente violento entrò, in piena notte, nella guardia medica di Trecastagni (Catania) e la violentò. Lei era sola e non potè opporre resistenza: venne stuprata per tre ore. Per la prima volta, la dottoressa Serafina Strano, appare sui giornali con il suo nome e cognome perché vuole che la sua storia «non finisca nel dimenticatoio e serva alla battaglia di tutte donne».
Vicende come la sua si ripropongono, sembra quasi che le guardie mediche siano degli avamposti senza legge.
«La guardia medica è una zona franca, non solo in Sicilia, ma in tutt’Italia. È da settembre che lancio appelli, inascoltati».
A chi li lancia?
«Alle Asp, innanzitutto, che dovrebbero garantire sicurezza e incolumità. Sono passati due mesi e si fanno solo chiacchiere».
Cosa è necessario per lavorare con serenità?
«Le guardie armate, i vigilantes. Non c’è altra soluzione. Le mie colleghe, le ho sentite, sono terrorizzate perché le aggressioni continuano, anche se non si vengono a sapere».
Lei si è detta profondamente sconvolta come donna e come professionista: è un sentimento che avverte ancora?
«È sempre vivo, perché, vede, non è cambiato nulla. Quella tagliente espressione che ho pronunciato qualche settimana fa, cioè di essere stata violentata anche dalle istituzioni, è ancora valida. Devo dire che l’unica che si è rivolta nei miei confronti in maniera umana e sincera, da donna, è stata la presidente della Camera, Laura Boldrini. Mi ha chiamato, mi ha ascoltato e mi ha chiesto di essere presente alla manifestazione del 25 alla Camera».
Una sua collega di Taormina ha detto: quando esco dall’ambulatorio della guardia medica mi sento sollevata per essere restata incolume. Si sentiva così anche lei?
«Non credo di essere un donna pavida, da 17 anni facevo questo mestiere alla guardia medica. Ma posso dire che anche io mi sentivo una sopravvissuta, per le condizioni in cui siamo costrette a lavorare».
Farà ancora quel lavoro?
«Nel contratto della guardia medica esiste la possibilità, per gravi motivi, di essere ricollocata altrove e io ho già presentato questa istanza. Non posso più andare a lavorare in un posto come quello. Ho una specializzazione in ostetricia e ginecologia e ho chiesto di essere applicata in un consultorio, o in campagne di prevenzione contro la violenza sulle donne».
Come hanno vissuto questa vicenda i suoi familiari?
«Male, malissimo. Ho due figlie adolescenti e immagini cosa sia stato per loro un evento del genere. La prima cosa che mi hanno detto è stata: mamma, in questo postaccio non ci devi più andare. Con il tempo, vedendomi battagliera e combattiva, si sono un po’ rassicurate. Mio marito, invece, è quello più colpito».
Ha ricevuto solidarietà dalla politica?
«Solo un silenzio assordante, tolta la Boldrini».
E il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin?
«Sono molto rammaricata del suo atteggiamento. Ha fatto delle dichiarazioni formali subito dopo la vicenda e non si è degnata neppure di telefonarmi. Si è limitata alla buffonata dell’invio degli ispettori ministeriali».
Perché buffonata?
«Sono arrivati preceduti dalle fanfare. Sei ispettori, a spese dello Stato, a controllare un tugurio su cui, dalla mattina, erano partite le pulizie generali. Hanno ripulito in poche ore un posto schifoso, cambiando gli estintori scaduti da tre anni e la tavoletta della tazza del water, l’unico funzionante e, peraltro, fuori norma. Questa ispezione annunciata l’ho vissuta come un’altra violenza».
Crocetta, mi risulta, che le abbia telefonato.
«Sì, ha promesso mare e monti, mi ha espresso solidarietà ma poi non l’ho più risentito né visto. Ha scritto un articolo sulla Sicilia, ma zero fatti».
Qualcuno le ha proposto una candidatura?
«La politica non è un ambiente che mi piace. E poi come posso essere in sintonia con donne come la Lorenzin, che si fa negare anche al telefono, o come la Boschi».
Cosa c’entra la Boschi?
«In questi giorni era a Taormina, a pochi chilometri da qui, per il G7. Un’inutile passerella. Come crede che mi sia sentita quando vedevo lei e le sue colleghe passeggiare e sorridere accanto al mare?».
Lo stupro non è neppure contemplato tra le cause di infortunio sul lavoro.
«È una gravissima lacuna, uno schiaffo alla nostra professione. Lo stupro è come una scivolata o un incidente in macchina, davvero assurdo».
Le capita di ripensare alla violenza del 19 settembre?
«Sto facendo un percorso di recupero psicologico».
Quando pensa di tornare a lavoro?
«Aspetto di capire con quali emozioni potrò avvicinarmi al mio ambulatorio. Ci dovrò ancora lavorare molto».