Lunedì 25 Novembre 2024
ALESSANDRO FARRUGGIA
Cronaca

Dopo tante promesse, siamo a corto di medici. La metà dei nuovi assunti non cura il Covid

Il caso limite della Lombardia, dove solo il 5% dei camici bianchi di rinforzo è impegnato nei reparti anti Coronavirus. E da quando è scoppiata la pandemia, il numero di anestesisti per posto letto in rianimazione è addirittura calato

I medici assunti in corsia

I medici assunti in corsia

Tracciamento saltato quasi dovunque, ospedali sotto stress ma soprattutto il peccato originale dopo anni e anni di tagli agli organici: troppo poco personale. Perché la verità è che puoi anche creare un reparto di terapia intensiva o pneumologia dal nulla, ma se non hai medici e infermieri per gestirlo, è inutile. Il governo ha dato il via libera a 36mila assunzioni, ma quello che è grave è che – secondo uno studio di Altems, l’alta scuola di economia e management dei sistemi sanitari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – "circa la metà dei 4.116 medici assunti a tempo indeterminato dalle Asl non è destinato a reparti Covid". "Le regioni non in piano di rientro – osserva il professor Americo Cicchetti, direttore di Altemps – hanno dedicato solo il 48% dei nuovi posti a specializzazioni mediche legate all’emergenza Covid-19 (e cioè anestesia e rianimazione; malattie apparato respiratorio; malattie infettive; medicina d’urgenza; medicina interna; microbiologia e virologia; sanità pubblica) ed il restante 52% ad altre specialità. Al contrario, le Regioni in piano di rientro hanno sfruttato l’occasione per rinforzare il personale non legato direttamente all’emergenza Covid-19, ridotto dal blocco del turnover, in maniera maggiore (56%) rispetto a quello legato all’emergenza".

Il bollettino Covid del 10 novembre

In Lombardia a fronte di 32 medici assunti con bando che fa riferimento al Covid, 538 non lo sono. In Piemonte siamo a 1 contro 188, in Veneto 21 contro 438, in Emilia Romagna zero contro 76, in Toscana zero a 60, in Campania zero contro 324. Meglio il Lazio (210 Covid contro 152 non Covid), la Sicilia (469 contro 248), ottima invece la Sardegna (267 a 17). Ma c’è dell’altro. "Per figure professionali chiave in questa epidemia come gli anestesisti e rianimatori – osserva il professor Cicchetti – l’aumento è nell’ordine delle 600 unità, quindi circa il 5% in più rispetto a prima. Ma non basta. A causa dell’aumento di posti in terapia intensiva, prima dell’emergenza sanitaria il rapporto tra anestesisti e rianimatori e posti letto era di 2.5, in altre parole ogni posto letto vi erano 2,5 unità di personale, e ora il rapporto scende a 1,9, con marcate differenze regionali". La coperta è, nonostante le assunzioni, sempre più corta.

Secondo il ministero della Sanità – dati di fine ottobre – i nuovi assunti sono stati 36.335. Di questi 7.650 sono medici, 16.570 infermieri, 7.730 operatori socio sanitari e 4.385 altre figure professionali come tecnici e assistenti sociali. Una parte dei medici e tutti gli infermieri gli operatori socio sanitari e i tecnici sono stati assunti con contatti a tempo fino a un anno o co co co, pur se molti saranno stabilizzati nel 2021. A questi numeri andrebbero aggiunti i 9.600 infermieri previsti dal decreto rilancio, ma dei quali, per ora, ne sono in servizio non oltre il 10%. Bastano, almeno gli infermieri? "Sulla base dei posti realizzati per l’emergenza Covid – osserva Barbara Mangiacavalli dalla la presidente della Federazione nazionale degli infermieri, la Fnopi – servirebbero solo per questo circa 17 mila infermieri ex novo. Viste le assunzioni, potrebbe sembrare che ci siamo. Ma negli anni il blocco del turnover e i tagli alla spesa si sono persi per strada 10 mila infermieri. Negli ospedali ce ne vorrebbero circa 11 mila, più i 9.600 infermieri di comunità che andrebbero subito attivati". E non solo, perché molti, moltissimi medici e infermieri in prima linea si ammalano (e talvolta purtroppo muoiono) di Covid 19, o semplicemente finiscono in quarantena, quindi non possono lavorare. Solo nell’ultimo mese, dicono alla Fnopi, sono finiti in quarantena 7.800 infermieri. Una enormità, che apre ulteriori voragini negli organici dei reparti.

È dal combinato disposto di questi fattori che in molti dei nostri ospedali – il cui cuore e motore sono gli uomini e le donne che lì operano e non solo le macchine o i letti disponibili – sono oggi in forte difficoltà.