Il giorno dopo l’addio di Carlos Tavares (che più che un divorzio consensuale appare come un dimissionamento), sono i mercati e i numeri a dare il segno del terremoto al vertice di Stellantis: il titolo parte male e finisce a meno 6,3% alla Borsa di Milano, dopo essere sceso fino al 9-10%. E, come non bastasse, le vendite di novembre fanno registrare un meno 24,6%. E, dunque, mentre tutta la politica e il sindacato evoca un radicale cambio di passo, mette nel mirino la possibile liquidazione da 100 milioni del top manager e chiede al presidente del gruppo John Elkann non solo di presentarsi in Parlamento, ma di essere presente ai tavoli (con le opposizioni che vogliono che scenda in campo direttamente Giorgia Meloni), per ora non bastano certo le parole dell’erede degli Agnelli a rassicurare lavoratori, sindacati, mercati e forze politiche. Come non appare sufficiente il colloquio con il ministro Adolfo Urso per fissare un incontro il 17 dicembre. Mentre si rivela più utile che il numero uno della multinazionale, nelle telefonate riservate delle ultime giornate e ore, tenti di raddrizzare la rotta e di aprire canali di comunicazione diretti con il presidente Sergio Mattarella e con la premier Giorgia Meloni, che, non a caso, avvisa: "Faremo del nostro meglio per difendere l’occupazione e l’indotto. Abbiamo un tavolo con Stellantis convocato a metà dicembre, speriamo possa essere quello risolutivo".
L’ADDIO DI TAVARES
E IL CROLLO IN BORSA
I mercati non hanno apprezzato l’uscita anticipata e inattesa di Tavares che avrebbe dovuto lasciare nella primavera 2026. La notizia dell’uscita "è molto negativa e del tutto inaspettata", secondo gli analisti, in un momento in cui è necessario prendere una serie di "decisioni critiche". La crisi del settore potrebbe farsi sempre più pesante, i segnali non mancano, e il 2025 potrebbe essere peggio dell’anno che si sta per chiudere.
LE RASSICURAZIONI
DI ELKANN
Un sentiment che ha spinto i vertici della multinazionale a una serie di mosse. Elkann, da Detroit, è già al lavoro per definire la rotta, ma il nuovo ad non arriverà subito anche se restano in campo più nomi, da Luca De Meo a Jean-Philppe Imparato ad Antonio Filosa. Così per gestire la transizione è stato nominato un Comitato esecutivo ad interim, presieduto da Elkann che ha chiamato come suo special advisor Richard Palmer, responsabile finanziario dell’azienda fino al 2023 e grande conoscitore del mercato americano. E lo stesso Elkann invia un messaggio ai dipendenti per spiegare che cosa è successo: "Con Carlos abbiamo percorso tanta strada e abbiamo ottenuto risultati importanti. Il nostro cda, però, ha deciso, per il bene dell’azienda, che era giunto il momento di separare le nostre strade".
L’ATTO D’ACCUSA
DELLA POLITICA
L’attenzione del mondo politico resta altissima. Il ministro Urso fa sapere che il 17 dicembre è confermato il tavolo al Mimit, con la partecipazione di Imparato "con il mandato di chiudere in modo positivo le interlocuzioni" sul Piano Italia. Meloni, a sua volta, spiega che si farà il possibile perché il tavolo possa essere quello risolutivo, sottolineando "le battaglie dei sindacati francese e americano, mentre rispetto a queste urla il nostro sindacato era un po’ afono". Dalla maggioranza e dall’opposizione è insistente la pressione su Elkann perché vada in Parlamento.
LE TELEFONATE
CON MATTARELLA E MELONI
La telefonata più delicata di Elkann non è stata con Mattarella, ma con Meloni, anche per le pregresse scintille: una per tutte, a gennaio, quando la premier spiegò di non accettare dagli Elkann "lezioni di tutela dell’italianità". Al centro dei ragionamenti, il mantenimento dei livelli occupazionali in Italia e la crescita di quelli produttivi, con riflessi sull’indotto, passando per questioni di dimensione anche europea, dall’elettrico ai tempi per la cessazione della produzione di motori termici: scenari su cui è alta l’attenzione degli interlocutori di Elkann. L’azienda, secondo fonti di maggioranza, dopo le interlocuzioni fin qui avvenute con il ministero, punterebbe a portare la trattativa a Palazzo Chigi per trovare una convergenza sul metodo di lavoro e la condivisione del percorso di crescita. Ma l’audizione in Parlamento di Elkann viene considerata una possibile pre-condizione per avviare poi il tavolo a Palazzo Chigi.
IL SINDACATO
SULLE BARRICATE
I sindacati sperano che l’uscita di scena di Tavares, con cui i rapporti non erano facili, permetta un cambio di passo. "Tavares non ci mancherà, non ha mai creduto alle relazioni sindacali. Ha delocalizzato, ha frenato gli investimenti in Italia, è arrivato a sfidare lo Stato. Le sue dimissioni determineranno una svolta", avvisa il segretario generale della Cisl Luigi Sbarra. Mentre il leader della Cgil, Maurizio Landini, incalza per avere un tavolo a Palazzo Chigi.