Sabato 27 Luglio 2024
LAURA OLGA MARIA DE BENEDETTI
Cronaca

Donne invisibili, la toponomastica specchio della società patriarcale: i nomi femminili al 9%

Così si uccide una donna, si potrebbe dire, anche negando a premi Nobel come Grazia Deledda o Marie Sklodovska Curie, di essere punti di riferimento, nel quotidiano. Ecco come si manifesta il ‘privilegio maschile’ di cui ha parlato Elena Cecchettin dopo il femminicidio della sorella Giulia

Danila Baldo, vicepresidente e tra le fondatrici di Toponomastica femminile; nel riquadro un parco dedicato a Maria Montessori, educatrice finita sulla banconota da mille lire (credit: Lo sguardo di Giulia)

Danila Baldo, vicepresidente e tra le fondatrici di Toponomastica femminile; nel riquadro un parco dedicato a Maria Montessori, educatrice finita sulla banconota da mille lire (credit: Lo sguardo di Giulia)

Roma, 24 novembre 2023 – Effetto patriarcato: così potremmo definire l’invisibilità delle donne nelle strade cittadine. Vi siete mai dovuti recare in via Nilde Iotti, partigiana, madre costituente, prima presidente della Camera o in corso Grazia Deledda premio Nobel per la letteratura? Vi siete forse dati appuntamento in via Maria Montessori il cui nome è legato ad un sistema educativo famoso in tutto il mondo, in viale Marie Sklodovska, sposata Curie, due volte premio Nobel a cui dobbiamo oggi la vita grazie alle scoperte fatte sull’uso delle radiografie in sanità? O magari avete preso il treno nel piazzale della stazione intitolato a Virginia Stephen Woolf, intellettuale, scrittrice, femminista e pacifista? Nonostante gli esempi riguardino donne alquanto conosciute e che tanto hanno fatto per la società, la risposta è quasi certamente no. Di certo, invece, sapete come arrivare in via Garibaldi o in piazza Cavour.

La società (patriarcale) italiana non riconosce il valore delle donne, neppure delle italiane che tutto il mondo ci ha invidiato. E se anche oggi corressimo ai ripari al massimo potremmo concederci probabilmente un vicolo Artemia Gentileschi, la grande pittrice del Seicento, o una strada sterrata di periferia Giuseppina Strepponi, il cui bel canto era celebrato alla Scala e in numerosi altri teatri.

Elena Cecchettin e il privilegio maschile

Elena Cecchettin, dopo il femminicidio della sorella Giulia, ha parlato di una società patriarcale dove “non tutti gli uomini sono cattivi” ma sono tutti uomini quelli che “traggono beneficio da questa società”. Gli uomini devono quindi “rendersi conto del privilegio che hanno” – ha rimarcato, sottolineando come il femminicidio sia un “omicidio di potere”. In poche parole, in uno dei giorni più brutti della sua vita, ha spezzato la narrazione del ‘mostro’ assassino, invitando gli uomini all’autocoscienza nei rapporti di tutti i giorni, raccogliendo una preziosa eredità femminista che comincia a vedere qualche frutto consapevole nelle giovani donne. A spiegare meglio questa rimozione collettiva della storia delle donne, almeno quelle poche che hanno potuto studiare e svolgere un ruolo attivo nell’ultimo secolo, è l’associazione Toponomastica femminile che da una decina d’anni (il gruppo Facebook è del 2012, la nascita dell’associazione del 2014) scandaglia a fondo queste tematiche, promuovendo concorsi e intitolazioni, coinvolgendo scuole e docenti.

Oggi conta più di 24mila membri nel gruppo Fb e circa 400 persone tesserate, tra cui anche associazioni, scuole, comuni. Danila Baldo, vicepresidente, è tra le fondatrici.

Una recente rotatoria intitolata alla medica Aletta Jacobs, pioniera della contraccezione
Una recente rotatoria intitolata alla medica Aletta Jacobs, pioniera della contraccezione

C’è chi il patriarcato non lo vede (o lo nega), perché è tutto intorno a noi, ne siamo tutti, maschi e femmine, immersi sin dalla nascita. La Toponomastica femminile però mette bene in luce questa ‘invisibilità’ delle donne. Come si spiega?

“Le targhe stradali, a maggioranza maschile, sono sotto gli occhi di tutti ed è come se fosse ‘scontato’ non vedere le donne. Non solo le politiche ma anche le mediche, le scienziate, le artiste. La premessa è che già nei libri di storia le figure femminili sono inferiori a tutti i livelli. Manca parità di riconoscimento delle donne in una società che vede ancora profondamente radicati stereotipi che danno valore al ‘padre nostro’ mentre la madre è di servizio: non può una cultura essere civile se non riconosce il valore anche delle proprie scienziate, artiste, e così via. Tutti abbiamo dentro i pregiudizi sin dalla nascita ma le donne ora vogliono essere libere. Quel ragazzo non ha accettato un no da una donna, ha detto ho ammazzato la mia fidanzata e invece no, lei lo aveva già lasciato. E soprattutto non accettava il fatto che lei fosse più 'brava' di lui, avanti negli esami e già arrivata alla laurea. Le donne da sempre sono relegate ai ruoli di cura, le professioni che hanno il potere non ‘vedono’ il femminile. È come se le donne fossero lì per caso, e il loro ruolo si declina al maschile con la scusa che sono incarichi: ma se puoi dire cameriera puoi dire anche ingegnera. C’è un problema di linguaggio e non solo. Michela Murgia diceva che le donne che lavorano bene fuori casa sono guardate con sospetto perché non si prendono cura della famiglia".

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In quella che è stata una grande forma di crowdsourcing, di lavoro collettivo civile, avete mappato con l’aiuto di volontarie la toponomastica in tutti comuni d’Italia. Che dati ne emergono?

“Attualmente su 100 intitolazioni maschili, solo 9 in media sono a donne; quando abbiamo iniziato nel 2012 erano solo 4. Di questo sparuto numero le più sono sante, benefattrici, martiri, e madonne in tutte le declinazioni. E tra l’altro le donne non hanno neppure accesso al divino: la Madonna non è divina. E non sono riconosciute nel loro valore benché siano fondamentali per la società”.  

Avete raddoppiato l’indice di femminilizzazione degli stradari, dal 4 al 9%. Come avete operato?

“Con tanti progetti, che hanno coinvolto le scuole e non solo. Ogni anno viene indetto il concorso Sulle vie della parità: docenti e studenti fanno ricerca su qualche figura femminile e ne chiedono l’intitolazione. Col patrocinio dell’Anci per l’8 marzo portiamo avanti il progetto 3 donne 3 strade: ci sono piccoli comuni senza neppure un nome femminile per le strade che ora invece stanno lavorando su questo. Ogni anno inoltre escono le nostre Calendaria, con una protagonista diversa a livello europeo ogni settimana: quello del 2024 è dedicato alle musiciste, compositrici e direttrici d’orchestra. Le loro biografie, strumento didattico, sono in inglese, francese, spagnolo, ucraino. Il nostro zoccolo duro è fare formazione a docenti e studenti, dalle scuole dell’infanzia alle università. Per le giovani universitarie abbiamo tirocini curriculari che permettono di acquisire 6 cfu, equivalenti ad un esame. Imparano anche a lavorare nella nostra redazione di Vitamine vaganti. Non abbiamo solo il sito, ma siamo anche sui social, persino su Instagram e TikTok: vogliamo coinvolgere le giovani, passare loro il testimone”.

Una recente intitolazione ad una partigiana deportata: le donne che hanno combattuto per la Resistenza non sono ricordate
Una recente intitolazione ad una partigiana deportata: le donne che hanno combattuto per la Resistenza non sono ricordate

Quali sono i requisiti per l’intitolazione?

“Devono essere passati 10 anni dalla morte. Ci sono i grandi nomi, come Rita Levi Montalcini, Margherita Hack come scienziate, Matilde Serao, Grazia Deledda come letterate, Nilde Iotti, come madre costituente. Ma ci sono poi tantissime figure che vanno tolte dall’ombra come Cristina Trivulzio di Belgioioso, protagonista del Risorgimento. Ed ancora di più: a Lodi abbiamo intitolato una via a Chiara Orsini, levatrice che ha fatto nascere, quando non c’erano ospedali, tantissimi cittadini. Però non può essere messa su Wikipedia, per esempio, perché non ha scritto libri o non ne sono stati scritti su di lei”.  

Quali gli ostacoli, a parte le resistenze patriarcali?

“La nostra politica non è togliere una via maschile per metterla al femminile, per cui più che parlare di Odonomastica parliamo di Toponomastica, che significa dare il nome a luoghi pubblici: va bene intitolare anche giardini, rotonde, aule, basta che siano luoghi frequentati e che possano contribuire a valorizzare nella memoria i ruoli femminili. Inoltre vogliamo targhe con nome e cognome e professione al femminile. Due esempi: chi sa che A. Negri è Ada, una scrittrice? A Milano una nuovissima piazza è stata intitolata a “Gae Aulenti architetto” ma, data anche l’originalità del nome, è facile essere tratti in inganno e pensare fosse un uomo”.

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