
Ali Heider. , fratello. di Saman, raggiunge. il tribunale
Si era detto che avrebbe riaperto i giochi e sarà così. Il fratello di Saman Abbas testimonia in aula in appello a Bologna e ribadisce: "Ho visto mio zio che prendeva al collo mia sorella, era tra la seconda e la terza serra". La sua testimonianza, già faticosa e fatta di monosillabi, con molti ‘non ricordo’, risposte quasi sussurrate, lunghe pause, si svolge tutta dietro un paravento (lui sta accusando i familiari, oltre il fatto che non vede i genitori da quattro anni) e si fa ancora più difficile quando si entra nel vivo e lui deve ricordare gli ultimi attimi di vita della sorella, uccisa nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio 2021 a Novellara (Reggio Emilia). Per l’omicidio sono stati condannati all’ergastolo i genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen e a 14 anni lo zio Danish Hasnain. Imputati in appello sono anche i cugini di Saman, che in primo grado sono stati assolti e sono quindi a piede libero. Il loro destino, ora, è sospeso, legato alla testimonianza del fratello di Saman, che all’epoca dei fatti aveva 16 anni. Le domande si concentrano sul momento in cui Saman uscì di casa, accompagnata inizialmente dai genitori. Lui dalla porta di casa vide quella scena. Fa molta fatica a rispondere, al punto che chiede una pausa, che la Corte accorda. Ripresa l’udienza, spiega che a parte lo zio in quel momento "c’erano i cugini. Ho visto solo la loro faccia", dice, confermando le dichiarazioni fatte in primo grado. "Se glieli faccio vedere li può indicare?", domanda il giudice Domenico Pasquale Stigliano, presidente della Corte. "Non me la sento", risponde il ragazzo con un filo di voce. In aula ci sono entrambi i cugini, Ikram Ijaz che Nomanhulaq Nomanhulaq. "Dopo aver visto lo zio prendere per il collo la sorella, non chiese ai genitori cosa stava succedendo?", domandano giudice e il procuratore generale Silvia Marzocchi. "Ho sempre avuto paura, stavo tremando", dice il giovane. Quando lo zio è rientrato a casa quella sera "stavo piangendo, mi ha abbracciato e mi ha detto di stare tranquillo". E aggiunge che il padre rientrò in casa con lo zaino di Saman, "lo mise al secondo piano di casa, nell’armadio". Altro punto: le registrazioni delle chat della sorella col fidanzato - che il ragazzo fece su richiesta della madre e che mostrò ai genitori – e sulle reazioni del padre e della madre. "Mio padre si arrabbiò tantissimo, Saman prese le sue cose per andarsene. Ma le diedero della carta, sono sicuro al 100% che non erano i documenti, erano stati nascosti". La sorella, che era vestita con abiti pachistani, andò in bagno a cambiarsi, uscì con jeans e giacca. "Ricordo che la mamma diceva a Saman di non andare". Ma poi uscirono in tre, Saman, padre e madre, come documentato dalle telecamere. "È una testimonianza faticosa, sofferta – le parole di Angelo Russo, avvocato del ragazzo, finita l’udienza –. È il processo per l’omicidio della sorella e ha i genitori condannati in primo grado. Di sicuro non è sereno". Il ragazzo si è costuito parte civile perché "vuole giustizia per la sorella". E sui cugini che non ha voluto vedere in aula: "Non si tratta di paura, ma di ragioni di opportunità, sta accusando dei parenti – sottolinea l’avvocato –. Ma quando avrà finito di testimoniare, vorrà rivedere i genitori. Aveva 16 anni quando è successo tutto. Ora non ha nessuno. Vive da solo, in un motel. Sta cercando di ricordare piu dettagli possibile, fa quello che può". Quando viene proiettato il video realizzato dagli inquirenti, il padre, lo zio e i cugini seguono con attenzione. La madre di Saman invece non guarda mai il filmato. Gli unici istanti in cui invece è attenta e ascolta l’interprete sono quelli in cui sta parlando il figlio. La sua testimonianza riprenderà all’udienza di giovedì prossimo.