Sabato 23 Novembre 2024
REDAZIONE CRONACA

Decreto sicurezza, cosa succede dopo le mosse di sindaci e governatori

Sindaci e governatori di centrosinistra intendono avocare la Corte costituzionale per disinnescare la norma Salvini che stringe le maglie dell'accoglienza agli immigrati. Ma le strade della contestazione sono diverse per tempi e modalità

Roma, 5 gennaio 2019 - Guerra aperta al decreto sicurezza. Chi disapplicando la norma, chi tirando in ballo la Corte costituzionale. Li chiamano sindaci e governatori ribelli e sono in prevalenza del Pd. Tutti quanti contestano la cancellazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari disposta dall’esecutivo, così come l’art.13 della legge 132/18 che considera il permesso di soggiorno rilasciato al richiedente asilo non più sufficiente per l’iscrizione all’anagrafe e quindi per ottenere la residenza. Ma sul come azzoppare il cavallo di battaglia del titolare del Viminale predicano soluzioni diverse. 

Decreto Sicurezza, la Toscana farà ricorso alla Corte Costituzionale

A rompere gli indugi della protesta anti Salvini è stato il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. L'ex deputato Idv ha disposto che i dirigenti dell’anagrafe de capoluogo siciliano disattendino la norma, continuando a iscrivere nel registro dei residenti i migranti con regolare permesso di soggiorno. Come che la legge non fosse mai stata approvata dal Parlamento e promulgata dal Capo dello Stato. Solidali con Orlando sono i primi cittadini di Napoli e Parma, Luigi De Magistris e Federico Pizzarotti, anche se quest’ultimo s’interroga su quale possa essere l’atto amministrativo con cui sospendere una legge dello Stato.

La disapplicazione normativa, che ha spinto Salvini a invocare il passo indietro dei sindaci ribelli, non convince altri rappresentanti degli enti locali in contrasto con il governo. Per questi, dal primo cittadino di Firenze, Dario Nardella, al governatore della Toscana, Enrico Rossi, passando per il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, la via maestra è il ricorso alla Consulta. Ma che cosa è e come funziona? La materia non è semplice, perché gli scenari all’orizzonte sono diversi.

Rossi (e con lui Oliverio) intende avocare la Corte costituzionale, paventando un conflitto di attribuzione fra Stato e Regioni. In pratica, la Toscana sosterrà che il potere centrale, pur legiferando su un tema a sua competenza esclusiva come l’immigrazione (ex art.117 della Costituzione), incide su materie (la salute e l'istruzione) concorrenti sulle quali cioè lo Stato fissa  i principi assoluti, ma la normativa di dettaglio resta appannaggio degli enti locali. Se la Consulta valuterà ammissibile il ricorso, giudicato in salita anche da costituzionalisti dem (Stefano Ceccanti, per esempio), la sentenza arriverà entro sessanta giorni.

Più lunga, ma forse meno ardita nella sua ratio, la strada del procedimento auspicato dai sindaci. In questo caso si tratta di un ricorso incidentale alla Corte (art.134 comma 2 della Carta) che necessita della sussistenza di un giudice il quale, nelle maglie di un processo, riscontri l’illegittimità costituzionale della legge Salvini. A quel punto il procedimento sarebbe sospeso fino alla pronuncia della Consulta che potrebbe arrivare anche dopo un anno