I decessi attribuiti alla pandemia in Italia restano, come numeri, incomprensibilmente più elevati rispetto al resto d’Europa. Al tempo stesso l’esperienza insegna che i farmaci salvavita più efficaci, quelli che il medico di famiglia può prescrivere ai primi sintomi di contagio, a volte restano chiusi nei frigoriferi della farmaceutica durante il weekend per i motivi più disparati, anche nelle regioni cosiddette virtuose. L’ultimo report dell’Aifa sui trattamenti con antivirali e anticorpi monoclonali contro il Covid-19 in Italia è uscito ieri con dovizia di particolari, ma sono dati statistici che vanno calati sulla realtà.
Covid, lo studio: gli antinfiammatori riducono del 90% i ricoveri
L’appello
"Gli antivirali svuotano gli ospedali e salvano vite. Usiamoli", ha scritto Roberto Burioni, dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, in merito ai risultati di un nuovo studio pubblicato sul New England Journal of Medici ne che dimostra come una di queste molecole abbia ridotto del 70% il rischio di ricovero e morte negli over-65. L’epidemiologo Roberto Bertollini condivide le preoccupazioni di Burioni: "La mortalità da Covid in Italia – dice l’esperto, già chief scientist dell’Oms – è troppo elevata, l’Istituto Superiore di Sanità dovrebbe indagare le cause". Guido Rasi, ordinario di microbiologia all’Università di Roma Tor Vergata, rincara la dose. "Sul totale di circa 175mila decessi da inizio pandemia – ha affermato all’Ansa l’ex direttore esecutivo dell’Ema, Agenzia europea dei medicinali – mancano sufficienti spiegazioni. Vorrei sapere, ad esempio, quanti dei deceduti nell’ultima ondata abbiano ricevuto farmaci disponibili anche in farmacia, che riducono il rischio di morte fino al 90 per cento. Abbiamo un sottoutilizzo di antivirali che rischia di farci arrivare a dicembre con quasi 500mila dosi inutilizzate e in scadenza".
Qualcosa di simile accade con gli anticorpi monoclonali. Dunque il punto è: i medici prescrivono pochi antivirali o sono le direzioni delle aziende sanitarie a metterci un freno? I decessi poi sono tutti per Covid o sono entrati anche casi oncologici, cardiopatici eccetera, inseriti come decessi da Sars-Cov2 in quanto positivi al tampone? Massimo Andreoni, direttore scientifico degli infettivologi Simit, ritiene che lo scarso utilizzo degli antivirali sia dovuto a più fattori. "Inizialmente sono stati messi paletti rigidi, i pazienti dovevano avere requisiti stringenti per ottenere queste terapie, dovevano venire in ospedale per ricevere il farmaco anche quelli curati a domicilio. Le Regioni poi si sono mosse in maniera diversificata, alcune hanno facilitato le somministrazioni più di altre". Le difficoltà sembravano superate estendendo anche ai medici di famiglia la facoltà di prescrivere antivirali, e invece. "L’esigenza di districarsi tra le interazioni farmacologiche per uno di questi prodotti, ad esempio – continua Andreoni – ne ha limitato la prescrizione. Le aziende sanitarie potrebbero aiutare a superare le difficoltà".
Ipotesi
Walter Ricciardi, docente di igiene all’Università Cattolica di Roma, e Giovanni Maga del Cnr, hanno auspicato accertamenti in relazione ai dubbi sollevati dal virologo Burioni sulle tante morti di Covid in Italia. Matteo Bassetti, primario infettivologo dell’Ospedale San Martino di Genova, sostiene da tempo che contiamo male i decessi, nel senso che forse entrano nelle statistiche in ospedale anche persone positive al tampone, mancate per cause diverse dal Covid.