Quando a metà pomeriggio il presidente dell’Ontario ha annunciato la sua marcia indietro sull’aumento del 25% dei costi dell’elettricità fornita agli Usa e il presidente americano Donald Trump ha spiegato che non attuerà il raddoppio dei dazi sui prodotti canadesi, più di un analista americano ha tirato un sospiro di sollievo. Fino al giorno prima, infatti, l’escalation dei costi economici avviata dal nuovo inquilino della Casa Bianca aveva avuto l’effetto di una bomba su Wall Street. E le schegge, in quei casi, si sa, arrivano in fretta anche oltreoceano. Tutte in rosso ieri le Borse europee, da Milano (-1,38%) a Parigi (-1,31%), da Francoforte (-1,29%) a Londra (-1,21%). A picco i titoli delle auto, tra cui spicca Stellantis (-6%): male anche Volkswagen (-3,2%), Mercedes (-2,5%), Porsche (-2,8%), Bmw (-1,9%), Ferrari (-1,6%). In rialzo, dopo il tonfo di lunedì, solo Tesla, ieri oltre il 5%. Per ottenere il risultato il presidente americano ha dovuto annunciare il prossimo acquisto di una loro auto e questo la dice lunga su quanto i mercati siano in balia in questi giorni delle parole di The Donald.

"L’incertezza è la cosa peggiore che ci possa essere per le famiglie e le imprese. E in questo momento pesa più dei dazi, che sono stati minacciati e in parte avviati. L’incertezza, invece, si avverte e riguarda il presente e anche il futuro: ci sarà un’economia di guerra? Non ci sarà? Tutto questo influisce sulle prospettive di investimento e, dunque, sulla crescita economica”. A dare l’avviso sui rischi che corriamo e su quanto contino le mosse, spesso contraddittorie, di Donald Trump, è Carlo Cottarelli, uno dei più autorevoli economisti italiani, e acuto osservatore dei rapporti Usa-Europa.
Professore, dobbiamo prepararci a fronteggiare il rischio recessione?
“Dobbiamo distinguere, rispetto a questo rischio, tra Stati Uniti e Europa. Gli Usa sono partiti con un livello di crescita che è superiore al 2,5%, l’Europa sta a malapena all’1%. Il punto di partenza è diverso, nel senso che arrivare a una recessione per noi è più facile perché partiamo da un punto più basso. Detto questo, dipende molto da quello che succederà nelle prossime settimane. I rischi ci sono. La forza con cui gli Stati Uniti stanno andando avanti è rilevante. Che questo porti alla recessione, è un po’ prematuro per dirlo. Al momento, però, le cose non sono molto rassicuranti”.
Dobbiamo fare i conti, insomma, con una prospettiva priva di fattori rassicuranti?
“Certo. Soprattutto per noi europei che partiamo da un livello di crescita più basso. E che ci troveremo a subire l’impatto dei dazi minacciati in misura maggiore rispetto agli Usa. Anche se poi si tratterà di vedere in concreto quale sarà l’effetto”.
La guerra commerciale Usa-Europa, dunque, non sarà simmetrica?
“Rispetto al totale del Pil europeo, i dazi minacciati colpirebbero in maniera più significativa che negli Usa, ma non in modo enorme. Il punto è che colpiranno o colpirebbero certi settori e per quei settori l’impatto sarà più negativo. Credo, però, che conti e pesi di più il clima negativo che si è creato più che l’effetto dei dazi per ora solo minacciati. L’incertezza, ripeto, è la cosa peggiore che ci possa essere per famiglie e imprese”.
Da che cosa deriva? Dal clima di tempesta perfetta che si registra tra economia e guerre?
"Parlo di incertezza perché non si sa dove si va a finire. Questo riguarderà i prossimi anni, se Trump andrà a avanti così come si è mosso fino a oggi: un annuncio, un passo indietro, un passo avanti: sembra farlo apposta per aumentare l’ncertezza. Sono abbastanza preoccupato”.
Certo è che la reazione dei mercati e delle Borse è pesantissima: sono giorni che assistiamo a crolli a raffica. Non c’è pericolo che la caduta arrivi all’economia reale?
“Un effetto c’è, ma se non si arriva al punto di avere un impatto significativo sul sistema finanziario non c’è trasmissione all’economia reale in maniera significativa. Il livello di partenza delle quotazioni azionarie, invece, è un po’ troppo alto. In questo senso siamo anche in presenza di un aggiustamento rispetto a una situazione di partenza esagerata. Questo vale sicuramente per certe azioni, come quelle di Tesla: si diceva che era sopravvalutata del 60 per cento. La caduta della Tesla è un ritorno a un valore normale”.
È ipotizzabile che il rischio frenata, se non recessione, possa essere controbilanciato da un aumento delle spese militari?
“L’aumento della spesa militare può dare una spinta nel breve periodo, sempre che non si tratti di importazioni che vengono dagli Stati Uniti. Negli ultimi anni abbiamo importato, invece, circa tre quarti delle nostre spese militari. Se si continuasse così, si finirebbe per aiutare gli Stati Uniti, altro che l’Europa”.
Quale strada seguire, come Europa, per fronteggiare la situazione?
“Sì può agire cercando di rimuovere i lacci e i problemi che come italiani e come europei abbiamo sempre avuto. Mario Draghi ha parlato della necessità di rimuovere i dazi interni, riferendosi a tutti gli impicci e ai vincoli burocratici che limitano la crescita che ci siamo autoimposti. La Commissione europea, in questo senso, ha annunciato cambiamenti nel suo pacchetto omnibus che potrebbero essere molto importanti. Mi sembra una prima strada da seguire”.