Mercoledì 25 Dicembre 2024
ELENA COMELLI
Cronaca

Dalla Ue stop alle auto inquinanti Ma la maggioranza Ursula si spacca

Il divieto a partire dal 2035. Ora inizia il negoziato con i governi, la direttiva finale prevista per l’autunno

di Elena Comelli

Voto storico dell’Europarlamento, che ieri ha approvato lo stop alla vendita delle auto a benzina, diesel o Gpl entro il 2035. La Plenaria, però, si è spaccata sulle altre proposte del pacchetto per il clima chiamato "FitFor55", bloccando la riforma della "Borsa del carbonio" e l’istituzione di una Carbon Tax sulle merci importate in Europa dall’estero. Con il voto sulle auto Strasburgo ha dato così il suo placet, con 339 voti a favore, 249 contrari e 24 astenuti, a una delle misure più delicate nel piano di riforme di Bruxelles per tagliare del 55% le emissioni di andride carbonica entro il 2030 e raggiungere la neutralità climatica al 2050. Un emendamento avanzato dal Partito popolare europeo, per ridurre dal 100% al 90% il taglio delle emissioni inquinanti delle auto, è stato respinto dall’assemblea. Il testo uscito dalla Plenaria rappresenta ora la base negoziale per le trattative della Commissione con i vari governi Ue, riuniti nel Consiglio, prima di un’approvazione definitiva attesa per l’autunno 2022.

Lo stop ai veicoli diesel e benzina avrà un impatto enorme su tutta l’industria dell’automobile, che entro quella scadenza dovrà riconvertirsi all’elettrico. Le grandi case automobilistiche europee, del resto, lo stanno già facendo a gran velocità, mentre in giro per l’Europa sorgono come funghi le nuove Gigafactory di batterie, che saranno il carburante di domani. In Italia il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha mostrato perplessità e Matteo Salvini ha immediatamente definito il voto di ieri sulle auto "un regalo alla Cina".

Mentre in Italia si litigava sull’unico punto del "pacchetto" che è passato a stragrande maggioranza, l’assemblea di Strasburgo invece ha bocciato altri capitoli importanti del FitFor55, in particolare la riforma del mercato degli Ets (la Borsa europea delle emissioni di gas serra), l’introduzione del Carbon Border Adjustment Mechanism, cioè una Carbon Tax sull’import europeo di prodotti ad alta intensità di carbonio, e il Social Climate Fund, un fondo sociale per i soggetti più vulnerabili alle ambiziose politiche ambientali dell’Unione. In tutti e tre i casi, parte del Parlamento si è schierato contro emendamenti del centrodestra che avrebbero indebolito gli obiettivi di taglio delle emissioni, con frizioni pesanti nella cosiddetta "maggioranza Ursula", composta da Socialisti, Popolari e Liberali.

A scatenare le maggiori tensioni è stato soprattutto il no al pacchetto di emendamenti sulla riforma del mercato Ets, firmato dal popolare tedesco Peter Liese e ora rispedito alla commissione Ambiente. Di fatto, la bocciatura di una parte del FitFor55 è stata salutata come una vittoria da Giorgia Meloni. Ma Enrico Letta non ci sta: "Dal suo punto di vista è coerente Giorgia Meloni a esultare per l’affossamento del pacchetto anti-Cambiamento Climatico a Strasburgo. E’ coerente con la loro linea. Ma è un danno grave per l’Italia".