Lunedì 4 Novembre 2024
DAVIDE NITROSI
Cronaca

Dal Brasile al Veneto, caccia al passaporto italiano: tribunali e Comuni in tilt

Gli oriundi chiedono la cittadinanza e si appellano alla giustizia: migliaia di ricorsi. Per i giudici di Venezia 19mila pratiche che riguardano 200mila persone

L’ex presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, è di origine veneta. Un suo avo partì da Anguillara (Rovigo). E qui Bolsonaro è tornato tre anni fa per una visita dividendo l’opinione pubblica: accoglienza ufficiale, ma anche proteste

L’ex presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, è di origine veneta. Un suo avo partì da Anguillara (Rovigo). E qui Bolsonaro è tornato tre anni fa per una visita dividendo l’opinione pubblica: accoglienza ufficiale, ma anche proteste

Venezia, 4 novembre 2024 – Altro che Ius scholae. Là fuori ci sono 80 milioni di persone che bussano alla porta per avere il passaporto italiano: ne hanno diritto, per sangue. Sono gli oriundi, i discendenti degli emigrati italiani che dall’800 hanno popolato soprattutto il Sud America. Ed è da lì che arriva la maggior parte di richieste di cittadinanza. Non è un fenomeno pittoresco, però. Ci sono regioni come il Veneto, terra di emigrazione tra Ottocento e inizio del Novecento, dove questo fenomeno sta mettendo a dura prova il sistema dei Comuni e della giustizia civile. Bastano i numeri per rendersi conto.

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Le richieste di riconoscimento della cittadinanza vengono presentate da chi ha un avo italiano nei nostri consolati, che dovrebbero rispondere entro 730 giorni. I consolati non ce la fanno a rispondere in tempo (i tempi di attesa superano i 10 anni in alcuni paesi) e così le richieste diventano ricorsi presso le sedi regionali dei tribunali civili. Una valanga di carte. In Veneto, a fine settembre i ricorsi pendenti per ottenere la cittadinanza erano 19mila, metà del contenzioso civile italiano per avere una misura. A chiedere la cittadinanza sono soprattutto brasiliani, eredi dei veneti emigrati che compongono una delle comunità più numerose del Brasile.

Il desiderio di diventare cittadino italiano non è però solo una vocazione nostalgica. Possedere un passaporto dell’Unione europea permette di muoversi liberamente nell’Area Schengen e di avere visti d’ingresso negli Stati Uniti, sfruttando il Visa Waiver Program precluso ai cittadini brasiliani. Mediamente una pratica per ottenere il passaporto può arrivare a costare 10mila euro. Ma la spesa non è un argine. L’impatto della mole di richieste si rivesra non solo sugli uffici giudiziari, ma anche sui Comuni che rischiano il collasso. Soprattutto se sono piccoli Comuni chiamati a rispondere a migliaia di richieste con il personale che non basta. Le anagrafi devono verificare i certificati di nascita di bisnonni o trisavoli partiti per il Brasile, l’Argentina, il Venezuela, oltre un secolo fa, e poi ricostruire la genealogia. Il sindaco di Soave, Matteo Prezzi, ha cercato di mettere un argine ideando il “diritto di ricerca“: 2.000 euro se l’anagrafe deve accollarsi tutta l’indagine, 500 se la richiesta contiene già le informazioni utili per lavorare sull’archivio storico comunale. Le domande sono passate da 180 a 30 all’anno. Ma non è la soluzione. I Comuni, una volta accolta la cittadinanza, devono anche iscrivere tutti gli atti relativi ai nuovi cittadini: matrimoni, divorzi, nascite... Impossibile non mandare in tilt gli uffici.

“Abbiamo una media di 1.500 nuove iscrizioni di ricorsi al mese – spiega il presidente del Tribunale di Venezia Salvatore Laganà – ne abbiamo evase oltre 5.000, ne restano 19mila. Il problema è gravissimo. Ho 6 magistrati che però devono occuparsi anche di altri contenziosi e 8 magistrati onorari. I ricorsi per la cittadinanza, soprattutto dal Brasile, sono ormai il 75% dei procedimenti pendenti”.

I numeri, dicevamo. Ogni ricorso non è riferito ad una singola persona, ma a gruppi familiari. In media ogni ricorso interessa una decina di oriundi. Le 5.500 pratiche esaurite dal tribunale di Venezia hanno garantito la cittadinanza a oltre 50mila discendenti di veneti. Ne restano pendenti 19mila, in pratica 200mila persone. “Ma abbiamo avuto singoli ricorsi per 100 brasiliani” continua il presidente Laganà. Una migrazione a tutti gli effetti, anche se virtuale. La cittadinanza prevede l’iscrizione all’anagrafe degli italiani all’estero. Sono cittadini a tutti gli effetti, potrebbero votare se venissero in Italia (o comunque potranno votare nelle circoscrizioni estere). Di fronte a questi numeri alcuni mesi fa il presidente della Corte d’appello di Venezia, Carlo Citterio, ha lanciato un allarme: “È una sorta di rischio democratico per la Repubblica. Si pensi alle alterazioni dei quorum elettorali”.

Che fare allora? Nel nostro paese possono chiedere il passaporto discendenti di emigrati partiti prima dell’Unità d’Italia. La Spagna si ferma alla terza generazione, altri paesi sono più restrittivi. C’è poi il problema degli uffici giudiziari intasati. “In Brasile – dice il presidente del Tribunale di Venezia – gli appuntamenti per la richiesta di cittadinanza in consolato possono arrivare a 10 anni. La politica fa le sue scelte, noi applichiamo la legge. Se si considera importante garantire questo diritto, allora vanno rafforzati gli uffici amministrativi dei consolati. Oppure diano 10 magistrati al Tribunale di Venezia per gestire queste istanze, come è stato fatto a Roma per gestire i casi relativi ai rimpatri dall’Albania”.