"Ero in vacanza quando ho ricevuto la chiamata dall’esercito, ho iniziato a piangere. Mai avrei pensato di ritrovarmi in questa situazione". Susanna Camerini ha 25 anni. È una ragazza fiorentina che da poco tempo vive in Israele. Ha frequentato il liceo classico Scolopi, ha iniziato l’università a Firenze, ma poi, a 20 anni, ha deciso di trasferirsi in Israele. Studia criminologia all’università, è sposata da pochi mesi. Il suo sorriso splende in ogni foto che la ritrae. E anche al telefono, nonostante la paura, sembra serena. In poche ore, però, la sua vita è cambiata. Ora è una riservista, una tra le centinaia di migliaia di giovani ragazzi mobilitati da Israele per rispondere all’attacco di Hamas. "Aspetto che i genitori di mio marito vengano a prendere il cane – racconta – e poi parto".
Come è iniziato tutto?
"Io e mio marito abitiamo a Be’er Sheva, a pochi chilometri da Gaza. Tra pochi giorni avrei dovuto riprendere le lezioni all’università. E per questo avevamo deciso di fare una vacanza, un fine settimana a Tel Aviv per goderci queste ultime giornate estive. Siamo arrivati venerdì, è stata una bellissima giornata. Siamo andati a letto, e la mattina dopo siamo stati svegliati dal suono delle sirene. A questo, però, siamo abituati. Qui suonano spesso le sirene per le operazioni militari. Poi però abbiamo acceso la televisione per capire cosa stesse succedendo".
Non era la solita operazione.
"Parlavano di terroristi di Hamas che si erano infiltrati e che stavano sparando sui civili in diverse zone di Israele. Abbiamo capito fin da subito che la situazione era molto grave. Poche ore dopo ho ricevuto la chiamata dall’esercito".
Cosa le hanno detto?
"Che sarei dovuta partire".
Come ha reagito?
"Mi sono messa a piangere. Di solito sono molto calma, ma questa volta sono andata nel panico".
Poi cosa avete fatto?
"Anche mio marito è stato chiamato. Sabato siamo rimasti a Tel Aviv, non era sicuro mettersi in viaggio. La mattina di domenica siamo tornati a casa a Be’er Sheva per prendere l’equipaggiamento e prepararci. Siamo rimasti per tutto il giorno barricati in casa, porte e finestre sigillate. Uscivamo solo per portare fuori il cane".
Sensazioni?
"È stato strano in casa. C’era il silenzio più assoluto. Nessun rumore da fuori. Noi viviamo a una decina di chilometri dalla Striscia. Ogni tanto il silenzio veniva interrotto dal frastuono delle bombe su Gaza. Mi sentivo in colpa".
Perché?
"Pensavo agli amici, ai parenti, a tutte quelle persone rapite e uccise dai terroristi di Hamas. Mi dicevo che non potevo rimanere in casa a non fare nulla. Avevo l’ansia. Come fai a mangiare, a dormire, mentre gli altri stanno soffrendo? Sentivo di dover fare anche io la mia parte, di dover partire. Vedevo le immagini della strage al rave e stavo male".
Conosceva qualcuno lì?
"Ho due amici che erano lì. Entrambi compaiono in alcuni video di Hamas. Sono stati rapiti".
Quando parte?
"Credo che tra oggi e domani partirò. La borsa è pronta".
Suo marito?
"È partito, è andato a nord, verso il confine col Libano. Si occupa di salvare le persone rimaste sotto le macerie. Gli ho detto di non giocare a fare l’eroe, ci sentiamo ogni ora".
E lei?
"Io andrò verso Gaza. Il mio compito è bloccare le strade affinché i civili non entrino in zone pericolose, devo proteggerli".