Bologna, 20 novembre 2024 – Il Consiglio superiore della magistratura ha approvato, con una larga maggioranza, la risoluzione per la tutela dei giudici che rinviarono alla Corte europea di giustizia il decreto legge sui Paesi sicuri. Tra i primi a farlo ci fu la toga ‘bolognese’ Marco Gattuso.
Il voto di tutela non produce alcun effetto giuridico, ma ha comunque il valore, non irrilevante, di una posizione ufficiale del Csm sulla vicenda, stigmatizzando quelle dure reazioni del governo sui magistrati (all’epoca il vicepremier Salvini parlò di "giudici comunisti"). Sui trenta membri del Csm, ventisei voti a favore e cinque consiglieri hanno votato contro: a votare 'no' i consiglieri laici di FdI, Lega e Forza Italia. Il vice presidente Pinelli non ha partecipato alla votazione e nessuno si è astenuto.
Secondo la prima Commissione del Csm quel provvedimento era stato oggetto di "dure dichiarazioni da parte di titolari di alte cariche istituzionali non correlate al merito delle argomentazioni giuridiche sviluppate nell'ordinanza, che adombrano un’assenza di imparzialità dell'organo giudicante priva di riscontri obiettivi".
Si tratta della prima pratica a tutela che sfocia in una risoluzione del plenum negli ultimi 15 anni. Quella precedente risale al 2009 e riguarda il caso Raimondo Mesiano, estensore della sentenza sul lodo Mondadori.
Resta invece in ballo l’altra questione, ovvero il testo unico sulle nomine agli incarichi direttivi degli uffici. Su questo tema c’è una spaccatura delle stesse toghe, divise su due proposte alternative: quella di introdurre un sistema di punteggi che ridurrebbe la discrezionalità del Consiglio, per contrastare le logiche degenerative correntizie, oppure quella che si muove nell’alveo della tradizione