Giovedì 14 Novembre 2024
LOREDANA DEL NINNO
Cronaca

Covid, l’identikit dei nuovi contagiati. "Il 30 per cento arriva dall’estero"

Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità: giusto chiudere ai Paesi dove ci sono focolai. L’età dei positivi si è abbassata, si ammalano di più i giovani: "Troppo rilassati sulle misure di protezione"

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La lieve crescita dei contagi da Sars - CoV- 2 registrata negli ultimi giorni ha riacceso qualche preoccupazione. Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di Sanità e punto di riferimento per gli italiani nel bollettino quotidiano nelle settimane più critiche dell’epidemia, illustra il pieno significato dei dati.

Professore, qual è l’identikit degli attuali contagiati?

"Si tratta di una miscellanea diversa ogni giorno, ma, genericamente, una quota che non supera il 30% è costituita da persone che arrivano dall’estero o transitano per l’Italia (marginale, a oggi, è, invece, il ruolo dei migranti). Per questa ragione, condivido totalmente la scelta del ministro Speranza di chiudere ai voli provenienti da Paesi ancora, purtroppo, ad alto rischio per non vanificare i risultati raggiunti. Ci sono poi casi che derivano da focolai locali, pazienti (in larga parte asintomatici o paucisintomatici) identificati perché sottoposti a tampone dopo essere stati sottoposti a test sierologici risultati positivi, quelli che manifestano sintomi acuti anche gravi, come il signore vicentino contagiato in Serbia, e una quota di rilevamenti casuali, come accaduto al bimbo di Nembro, finito in ospedale dopo essersi ferito giocando a calcio e risultato positivo al virus".

Questa leggera risalita deve destare allarme?

"No, ma mi preme chiarire un concetto: se da un lato siamo assolutamente soddisfatti dalla flessione verso il basso delle curva epidemica, anche grazie ai sacrifici degli italiani che durante il lockdown hanno dimostrato un altissimo senso di responsabilità, deve essere altrettanto chiaro che il virus circola ancora. Sono crollati i ricoveri e gli accessi alle terapie intensive (oggi molti soggetti trovati positivi hanno, grazie anche a una precoce identificazione, sintomi meno gravi e un carico virale ridotto), ma le evidenze molecolari disponibili ci dicono che il Coronavirus è esattamente lo stesso; non si è attenuato. Usciremo dalla situazione pandemica in maniera definitiva soltanto quando sarà messo a punto il vaccino".

Quindi avanti con le misure di sicurezza?

"Assolutamente sì. La stagione che stiamo vivendo è favorevole a una diminuzione dei contagi; da ottobre potrebbe – ma nessuno può dirlo con certezza – aprirsi un’altra fase critica che, tuttavia, non credo proprio sarà uguale alla precedente. Il sistema sanitario, che ha dato una grande prova di rilevante efficienza in questi mesi così difficili, è in grado d’individuare e circoscrivere eventuali focolai, come accaduto recentemente a Bologna e Mondragone per esempio".

Le ultime statistiche rivelano che l’età media dei contagiati si è abbassata.

"È vero, in primis perché siamo molto più attenti a proteggere gli anziani, in secondo luogo perché c’è stato qualche eccesso di rilassamento nella popolazione giovane nel mettere in pratica le misure di prevenzione".

Uno studio presentato dall’Istituto superiore di Sanità ha analizzato nell’ambito dei decessi da Coronavirus che nove italiani su dieci sono morti per Covid.

"È un’analisi certo utile, ma, personalmente, non ho mai amato la distinzione tra morti per Coronavirus e morti con il Coronavirus. I morti che hanno ferito le nostre coscienze sono quasi tutti dovuti a Covid-19. Per non parlare delle morti indirette da Covid-19, cioè quelle dei pazienti che non hanno potuto ricevere nelle settimane di massimo picco epidemico trattamenti tempestivi (per esempio gli infartuati) o adeguati a causa della pressione che aveva investito le strutture sanitarie, incluse quelle di soccorso ed emergenza territoriale ".

I test sierologici non hanno avuto l’adesione che ci si attendeva.

"Purtroppo gli italiani hanno un po’ dimenticato il dramma che ha caratterizzato la fase calda dell’epidemia. Aderire allo studio di sieroprevalenza significa aiutare il Paese e onorare la memoria dei morti. Questo studio resta fondamentale per definire compiutamente la diffusione virale nelle varie aree territoriale, per chiarire la quota dei pazienti asintomatici e il tasso di letalità del virus".