Roma, 26 dicembre 2023 – L’emergenza sanitaria è finita, il Covid no. Ma non è più il virus che era. Uccide ancora, ma molto meno anche grazie a quei vaccini, realizzati in tempi record, che ci hanno protetto nel momento più critico. Il 2023 passerà alla storia come l’anno nel quale la grande paura è tramontata.
Era il 5 maggio di quest’anno quando il capo dell’Oms Tedros Ghebreyesus ha dato l’annuncio tanto atteso. "È con grande speranza – ha detto – che pronuncio la parola fine. In tre anni il mondo si è capovolto: circa 7 milioni di morti sono stati riportati dall’Oms, ma noi sappiamo che la stima è pari almeno a 20 milioni di morti. Il Covid è stato molto di più di una crisi sanitaria, ha causato sconvolgimenti economici, cancellando trilioni dal Pil e ha spinto milioni di persone nella povertà. Il Covid-19 non è più una emergenza, ma non è finito come minaccia per la salute globale. Il Covid ha cambiato il nostro mondo. Promettiamo ai nostri figli che non faremo mai più gli stessi errori".
I morti nel mondo
Gradualmente in Italia e negli altri Paesi tutti i divieti sono stati rimossi, compreso quel green pass (al quale abbiamo detto addio dal 1° maggio) che è diventata una misura simbolo che i “no-green pass“ hanno contestato a prescindere, ma che è servita a frenare il Covid, e ad aumentare le vaccinazioni, che dal 27 dicembre 2020 (a meno di un anno dall’inizio ufficiale dell’epidemia) hanno iniziato a essere somministrate in Europa e via via in tutto il mondo evitando, secondo stime, almeno un milione di morti. I decessi a livello globale sono 20 milioni a fronte dei 7 milioni ufficiali (la discrasia si spiega con il fatto che Paesi come la Cina hanno riportato molti meno morti di quelli avuti, appena 60 mila invece di 1.7 milioni stimati).
I morti in Italia
In Italia – il primo Paese europeo investito in pieno – la pandemia ha fatto (dati aggiornati al 20 dicembre) 26.591.441 malati e ben 194.489 morti. E la pandemia continua a esistere. "I dati della sorveglianza integrata nel periodo che va dall’11 al 17 dicembre – dice l’Iss nel suo ultimo bollettino – mostrano un’incidenza di casi diagnosticati e segnalati pari a 108 casi per 100.000 abitanti, in aumento rispetto alla settimana precedente. L’incidenza settimanale è in lieve aumento in tutte le fasce d’età. L’età mediana alla diagnosi è di 59 anni, stabile rispetto alle settimane precedenti. L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero ospedaliero al 12 dicembre è pari a 0,96 (0,93 – 0,99), in aumento rispetto alla settimana precedente".
L’impennata dei casi
Ma i 60mila casi a settimana rimangono gestibili. Dal 14 al 20 dicembre sono entrate in terapia intensiva Covid 244 persone, +10,9% rispetto alla settimana precedente (7-13 dicembre). Dal 14 al 20 dicembre ci sono stati 425 decessi, +32% rispetto alla settimana precedente (7-13 dicembre). "Se non si registra un forte incremento dei casi e dei ricoveri Covid, il dato sui decessi, 425 nell’ultima settimana con +34,5% – afferma Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) – ci preoccupa. Un numero che sommato alle altre settimane di dicembre porta già a oltre 1.000 il totale in questo mese. Un incremento costante da ottobre che ci deve richiamare a una maggiore attenzione".
I vaccini
La preoccupazione però è ben diversa da quella degli anni dell’emergenza. La pandemia è viva, ma ha dati di mobilità e mortalità concentrati sulle fasce più elevate della popolazione e ormai paragonabili all’influenza e questo nonostante campagna vaccinale partita a settembre ha somministrato solo un milione e 721 mila dosi, con una copertura del 32% degli over 80 e grossomodo identica per gli over ’70, le fasce più a rischio assieme ai “fragili“ con più patologie. Con più vaccini alle fasce più a rischio (particolarmente basso il tasso di vaccinazione nel sud Italia) il Covid potrebbe fare ancora meno paura.