Roma, 5 maggio 2024 – Matteo Falcinelli entra in un bar a Miami la sera del 24 febbraio scorso. Quello che succede poi, come denunciato al nostro giornale, è un racconto intriso di violenza, quella degli agenti di polizia che lo arresteranno, incaprettandolo e lasciandolo per 13 lunghissimi minuti in cella in quelle condizioni. Ma cosa aveva fatto lo studente 25enne di Spoleto da meritare un simile trattamento?
Secondo la ricostruzione che ne fa lui stesso, la sua permanenza nel bar è abbastanza tranquilla fino a quando, dopo essere andato in bagno si accorge che gli mancano i due cellulari. La ragazza che ha appena conosciuto dentro il locale e con la quale si accingeva a bere un drink gli riferisce che i suoi cellulari sono stati ritrovati all’ingresso. Matteo li va a prendere e ritorna al bancone per bere il suo drink con la ragazza. Da qui – riferisce – i ricordi si fanno confusi perché non riesce a ricordare come arrivi all'uscita del bar dove c'è già una pattuglia della polizia. Secondo il rapporto degli agenti, Matteo ha creato problemi nel locale tanto da essere stato sbattuto fuori. L'arresto sarebbe invece scattato per resistenza perché – dice sempre la polizia – il giovane italiano voleva indietro 500 dollari spesi. Matteo, però, sostiene di non aver mai pagato quella cifra e che l'unica sua richiesta sia la restituzione dei suoi due cellulari (i telefonini verranno poi portati da uno dei buttafuori del locali e consegnati agli uomini in divisa dopo che il ragazzo è già stato immobilizzato a terra, ndr).
Matteo viene accusato di resistenza a pubblico ufficiale, opposizione all’arresto senza violenza e "trespassing". Quest'ultimo, che in italiano si potrebbe tradurre come violazione di domicilio, è in realtà il reato che viene contestato a chi dopo essere stato allontanato da un locale prova a rientrarvi o si ostina a non andarsene. I capi di imputazione a carico di Matteo decadranno una volta che lo studente avrà completato una sorta di programma rieducativo chiamato PTI (Pre trail intervention).