Giovedì 26 Dicembre 2024
REDAZIONE CRONACA

Coronavirus, Zangrillo: "Clinicamente non esiste più". Scoppia la polemica

All'esperto del San Raffaele si contrappone Franco Locatelli, presidente del Css: "Assoluto sconcerto, basta guardare i numeri"

Alberto Zangrillo (Mdf) NON USARE QUESTA FOTO

Roma, 31 maggio 2020 - In una giornata, l'ennesima, di contagi da coronavirus in calo, e a un soffio dal 3 giugno, che sancisce l'attesa (e temuta) riapertura delle frontiere tra regioni, a tener banco è l'ultima polemica tra esperti ai più alti livelli.

Il nuovo coronavirus "clinicamente non esiste più", sostiene Alberto Zangrillo, direttore della terapia intensiva del San Raffaele di Milano, mentre per Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive del San Martino di Genova, "ha perso la sua potenza di fuoco iniziale", tanto che attualmente i pazienti si presentano in condizioni meno gravi eil decorso della malattia è più leggero. Ma tale fotografia rischia di essere fuorviante secondo lo pneumolgo Luca Richeldi, componente del Comitato scientifico, che avverte: "il virus circola ancora ed è sbagliato dare messaggi fuorvianti". 

Alle parole di Zangrillo Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, ha fatto un salto sulla sedia ed esprime "assoluto sconcerto". Poi spiega: "Basta guardare al numero di nuovi casi confermati ogni giorno per avere dimostrazione della persistente circolazione in Italia del virus". Meno pessimista il viceministro  Pierpaolo Sileri che media: "Zangrillo ha riportato l'esperienza dei clinici".  Alla fine Zangrillo rilancia: "Mi viene chiesto di non fuorviare gli italiani? Sono d'accordo, il nostro dovere è proprio non fuorviarli, per questo ho detto, e confermo, che il virus clinicamente non esiste più. Gli italiani meritano di sapere la verità, e cioè che l'evidenza clinica ci dice questo".

Zangrillo: "Qualcuno terrorizza il Paese"

Ad accendere il dibattito sono le dichiarazioni di Zangrillo: "Clinicamente il nuovo coronavirus non esiste più. Circa un mese fa - sostiene - sentivamo epidemiologi temere per fine mese o inizio giugno una nuova ondata e chissà quanti posti di terapia intensiva da occupare. In realtà il virus dal punto di vista clinico non esiste più. Qualcuno terrorizza il Paese". 

Bassetti: ora il Covid-19 è diverso

E che il virus non sia più lo stesso lo sostiene pure il direttore della clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova Matteo Bassetti, partendo dalla sua esperienza sul campo. Il virus "potrebbe ora essere diverso: la potenza di fuoco che aveva due mesi fa non è la stessa potenza di fuoco che ha oggi. Da medico che è sul campo - afferma - dico che i malati di ora sono diversi da quelli di due mesi fa: prima i pazienti avevano una condizione molto più grave, ora meno. È cioè evidente che oggi la malattia Covid-19 è diversa, perchè la sua presentazione clinica ed il suo decorso sono più lievi" e da "circa 4-5 settimane, i pazienti che vediamo non sono più casi così gravi come a marzo e ad aprile". Proprio queste evidenze sul campo, spiega quindi Bassetti, "ci fanno dire che il virus potrebbe essere diverso".

Richieldi: il virus circola ancora

Dal canto suo lo pneumologo Richeldi invita alla prudenza e mette in guardia dal rischio di una sottovalutazione dei pericoli. Il virus "circola ancora ed è sbagliato dare messaggi fuorvianti che non invitano alla prudenza. È indubitabilmente vero e rassicurante il fatto che la pressione sugli ospedali si sia drasticamente ridotta nelle ultime settimane. Non va però scordato - puntualizza - che questo è il risultato delle altrettanto drastiche misure di contenimento della circolazione virale adottate nel nostro Paese". E ancora: "È bene ricordare che la circolazione virale è un processo dinamico, per cui la gradualità e la cautela nella ripresa delle attività economiche e sociali devono rimanere la nostra priorità. Soprattutto alla luce delle riaperture del 3 giugno".  Del resto, "basta vedere come purtroppo la situazione sia molto diversa in Paesi, come Russia, Messico o India, nei quali queste misure non hanno potuto essere così efficaci e non hanno dato i confortanti risultati che vediamo nel nostro Paese". 

Sileri: qualcosa è accaduto

"Il professor Zangrillo ha riportato l'esperienza di un clinico che ha detto 'in terapia intensiva non vengono più malati gravi'. Se sento Bassetti e altri colleghi dicono la stessa cosa, quindi qualcosa è accaduto. Noi abbiamo lavorato in tre mesi prendendo il numero dei morti e il numero dei posti in terapia intensiva come parametro. Zangrillo ha detto che chi è sul campo non vede più malati gravi in terapia intensiva e un impegno non più così massivo", spiega Pierpaolo Sileri, viceministro della Salute, a Non è l'Arena su La 7.  "D'altro canto dobbiamo continuare a usare prudenza, distanza, lavarsi le mani, indossare la mascherina" aggiunge. E sui controlli insistenti dice: "Ci siamo difesi in maniera forte contro un nemico che ha fatto moltissimi morti. Ora questo nemico sembrerebbe meno aggressivo, continuiamo a difenderci e aspettiamo i risultati".

Locatelli: più posti in terapia intensiva

"Non posso che esprimere grande sorpresa e assoluto sconcerto per le dichiarazioni rese dal Professor Zangrillo con frasi quali il 'virus clinicamente non esiste più' e che 'Terrorizzare il Paese è qualcosa di cui qualcuno si deve prendere la responsabilità'", afferma il presidente del Css e componente del comitato tecnico scientifico Franco Locatelli. "Basta guardare al numero di nuovi casi confermati ogni giorno per avere dimostrazione della persistente circolazione in Italia del virus". "Aver incrementato di molto i posti di terapia intensiva è un merito enorme del sistema sanitario nazionale, poiché ha permesso di offrire una risposta clinica a tanti malati che altrimenti non avrebbero potuto essere adeguatamente curati - precisa Locatelli - Inoltre questi posti rimarranno disponibili per chi in futuro ne avrà bisogno anche per situazioni cliniche diverse da Covid-19. Dovremmo tutti rallegrarci che le misure di lockdown abbiano prodotto gli effetti sperati contenendo la diffusione epidemica con risparmio di tante vite umane e questo risultato inconfutabile deve spingere a continuare sul percorso della responsabilità dei comportamenti individuali, da non disincentivare attraverso dichiarazioni pericolose che dimenticano il dramma vissuto in questo Paese".  "È altrettanto chiaro, anche a occhi non esperti - conclude - che la gestione clinica dei malati è certamente oggi facilitata dal minor numero di casi rispetto a quelli osservati nei giorni di picco e da quanto si è imparato in questi mesi. Questi sono i fatti concreti, il resto opinioni personali".