Padova, 5 aprile 2020 - "La Lombardia ha toccato un tasso di letalità del 14% mentre il Veneto è sotto il 5%. Questi sono numeri, ma sono anche due realtà diverse da studiare sotto il profilo demografico, come assetto sociale urbanistico e dimensione iniziale del contagio. Su questo divario io non vorrei più dilungarmi".
Giorgio Palù, past president della Società europea di virologia, ha messo a confronto le strategie dei due modelli sanitari, ospedale e territorio. Si attiene alle statistiche, e pensa piuttosto a come assicurare un futuro libero dal Coronavirus.
Professor Palù, il ritmo dei contagi rallenta più o meno, a seconda di come interpretiamo i dati. Ma tutti si chiedono: quando potremo dire la parola fine?
"L’epidemia per spegnersi prevede che la popolazione debba rispettare rigorosamente alcuni punti essenziali: distanziamento e isolamento sociale. Se si allentano le misure si può avere un rimbalzo".
Lei, emerito docente universitario a Padova, è consulente del governatore veneto, Zaia. Sugli esami, lo screening, come vi muovete?
"Abbiamo previsto l’avvio di uno studio sulla prevalenza del virus mediante test sierologici attendibili. Una mappa che possa individuare anche dove esiste una immunità specifica. Il Veneto ha inoltre attivato un progetto di tamponi a tutto il personale medico sanitario, alle case di riposo, e ai responsabili di funzioni pubbliche essenziali. Vogliamo indicazioni sull’andamento del fenomeno, e impedire contagi di ritorno, che potrebbero venire da casi sporadici provenienti da altri territori".
Quindi in Veneto come sarà condotta la ricognizione?
«Riteniamo opportuno iniziare a mappare rapidamente i soggetti cosiddetti asintomatici, mediante test sierologici, da eseguire in forma estesa".
Cioè un esame di massa?
"Non occorre testare cinque milioni di veneti, parlo di strati di popolazione, per valutare quante persone si sono infettate, la letalità, i tassi di morbosità, capire com’è diffusa l’immunità e come sia duratura nel tempo".
Che differenze tra test sierologico e tampone?
"I tamponi hanno un limite, misurano una incidenza momentanea, la presenza del virus in quel soggetto in quel distretto corporeo. Mentre il test sierologico, a parte una finestra iniziale di tre-quattro giorni, misura gli anticorpi in un campione di sangue prelevato. Anticorpi che vengono prodotti quando l’organismo ha incontrato l’aggressore".
Che informazioni restituiscono?
"Hanno la capacità di rivelare in altissima percentuale i positivi, e al tempo stesso una bassa probabilità di dare falsi negativi".
C’è il rischio di confondere i test sierologici con i test rapidi.
"I test rapidi sono quelli che prevedono di utilizzare solo una gocciolina di sangue, potrebbero essere validi orientativamente al pronto soccorso, ma non sono paragonabili ai test sierologici. Io parlo solo dei test che ho suggerito alla Regione Veneto per cui ho elaborato un protocollo assieme al responsabile regionale della Sanità".
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