Giovedì 21 Novembre 2024
ALESSANDRO BELARDETTI
Cronaca

Scuole, tutta Europa riapre ma l'Italia no. Le ipotesi per la rivoluzione di settembre

La Danimarca guida le ripartenze. Da noi si discute, tra distanziamento, mascherine e lezioni a turni

Copenaghen, il primo ministro danese Mette Frederiksen parla in un’aula scolastica

Copenaghen, il primo ministro danese Mette Frederiksen parla in un’aula scolastica

Roma, 16 aprile 2020 - La Danimarca ha riaperto le scuole coi banchi a due metri di distanza, la Norvegia è pronta il 20 aprile, la Germania lo farà gradualmente dal 4 maggio, la Grecia farà suonare le campanelle dal 10 maggio, la Francia (nonostante l’ira dei medici) l’11 maggio e anche la Spagna ha deciso di seguire questa linea. E l’Italia? Si ragiona esclusivamente per settembre, seguendo il parere del Comitato tecnico scientifico che vede nelle aule «un nucleo di circolazione del virus particolarmente efficiente», come spiega il virologo Lopalco. Nell’ultimo decreto rimane aperta la finestra del 18 maggio per tornare tra i banchi, ma il governo è conscio che sia un bluff. «Dire una volta per tutte che la scuola resterà chiusa rappresenterebbe uno duro schiaffo per le famiglie. Lasciare aperta l’ipotesi regala una speranza», spiegano fonti qualificate.

Scuole, Azzolina: "A maggio restano chiuse. In pagella anche il 5"

L’Italia brancola nel buio in vista di settembre, ma è stato istituito un tavolo di esperti con cui stabilire i prossimi passi da compiere in vista della riapertura delle scuole. E per costruire un Piano dell’Istruzione. «La didattica a distanza in questo momento è fondamentale perché ci permette di mantenere viva la relazione tra studenti e insegnanti – ha spiegato la vice ministra dell’Istruzione Anna Ascani –, ma quella relazione ha bisogno di presenza. Per questo il prima possibile bisogna tornare a una scuola in presenza e su questo stiamo lavorando. Noi dobbiamo cercare di immaginare il dopo. Ad esempio la questione del distanziamento sociale interroga luoghi come la scuola, dove non è semplice garantirla. Ma – conclude – non possiamo rimandare il rientro a scuola troppo a lungo, perché significa negare il diritto allo studio in senso proprio, perché per quanti sforzi si stiano facendo con la didattica a distanza, la scuola richiede una presenza che va ripristinata e per farlo occorre tornare a scuola».

Ecco quali sono le ipotesi di ripartenza al vaglio della task force, guidata dalla ministra Azzolina. Orari di lezione scaglionati, oppure metà classe in presenza e metà on line. Lezioni della durata di 40 minuti per non sovraccaricare gli insegnanti. Cercare strutture a cui destinare nuove aule per rendere quelle attuali meno affollate. Alcune lezioni organizzate all’aperto, valutando anche un calendario diverso concentrato sui mesi più miti. Tablet e dispositivi elettronici per tutti gli studenti, così da non escludere molti ragazzi e non causare problemi ai genitori in smart working. Potenziamento della linea Internet e raggiungemento di quasi tutte le zone abitate da ragazzi. Acquisizione da parte del governo di una piattaforma propria per la didattica on line, per ridurre al minimo le intrusioni hacker. Regole sul modello aziendale: distanziamento, ricreazione e mensa a piccoli gruppi, mascherine e guanti in classe, termoscanner all’entrata e gel igienizzanti nelle aule. Più psicologi per aiutare i ragazzi ad affrontare la rivoluzione scolastica e anche quella nella vita quotidiana. Ma c’è chi, come il presidente dell’Anp (Associazione nazionale presidi), Antonello Giannelli, non vuol sentire parlare di rientri graduali: «A scuola o si torna o non si torna, la scuola non è come la fabbrica. Gli operai possono lavorare con le mascherine, i ragazzi non possono farle. Poi costano, chi paga? Se ci saranno le condizioni si torna tutti, altrimenti si continua con la didattica a distanza».

Il bilancio della didattica on line – Osservatorio ’Scuola a distanza’ – dopo un mese registra numeri in crescita. Viene raggiunto il 90% dei ragazzi alle superiori; alle medie oltre l’80%. Ormai i tre quarti (75%) dei ragazzi più grandi possono guardare in diretta gli insegnanti e far loro domande, come se fossero in classe. Solamente in 1 caso su 6 ci si limita a far svolgere esercizi in tempo reale. L’8%, però, è costretto ad assistere a lezioni registrate o a ricevere consegne ‘da remoto’. Dopo un inizio a rilento, ora 3 studenti su 4 sono stati valutati con verifiche scritte e interrgoazioni.

 

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