Milano, 24 aprile 2020 - Casa dolce casa. Quante volte l’abbiamo pensato rientrando dopo una lunga giornata trascorsa tra riunioni, telefonate, discussioni con colleghi e superiori. Oppure, semplicemente, al ritorno da una vacanza, desiderate e cercata certo, ma pur sempre un viaggio in un luogo altro rispetto al nostro ambiente familiare. La casa, dolce casa, appunto. La cucina, il soggiorno, lo studio, la camera da letto. Spazi vissuti e da vivere e condividere, con il partner, i figli, i genitori oppure, prevalentemente da soli.
Nessuno fino all’attuale pandemia avrebbe mai immaginato che sarebbe diventata il nostro ‘unico’ spazio, in questo forzato lockdown. Uno spazio di esistenza e, allo stesso tempo, di resistenza. È proprio partendo da questa situazione di necessità che tre giovanissime architette – Maria Romana Vicari, 24 anni di Bologna (anche se ormai milanese di adozione), Erica Zanella, 25 anni di Gallarate e Giulia Santini, 25 anni di Varese – hanno deciso di lanciare un challenge (un concorso) social in cui liberare la creatività e far disegnare lo spazio ideale (Out of space). Un progetto che ha trovato il supporto del Politecnico di Milano, di Sky Arte e di Interni Magazine.
Architetto Vicari, com’è nato il vostro progetto? "Partendo dalla constatazione che quello spazio in cui eravamo soliti trascorrere poche ore al giorno e spesso di fretta, è diventato l’unico rifugio dove poter esistere e resistere dal Coronavirus".
Uno spazio tramutatosi, all’improvviso, nel nostro tutto: casa, ufficio, palestra, piazza… "Esattamente. In questa nuova quotidianità i concetti di spazio e tempo sono stati stravolti da un giorno all’altro e lo spazio domestico a cui eravamo abituati ha assunto ben altre forme e funzioni. È stato invaso dal mondo esterno e a seconda delle ore della giornata, i salotti di casa si trasformano in sale riunioni, uffici, palestre di allenamento, le cucine in aree giochi per bambini ed i bagni in sale da ballo. Lo spazio in cui si vive diventa adattabile, flessibile e reversibile a seconda delle necessità".
Eppure nello stesso tempo scopriamo che è angusto? "Per la prima volta ci rendiamo conto che quel balcone ben poco usato, è oggi l’unico punto di contatto con l’esterno e quella soffitta che ti spaventava così tanto da bambino, diventa ora il luogo in cui ti rifugi per rimanere solo. E mentre realizziamo che questa quarantena non sarà uguale per tutti, riflettiamo sulla differenza che un’ampia finestra o un giardino possono fare e in un attimo ci ritroviamo ad essere grati per i raggi solari che filtrano nella nostra stanza".
Da qui il vostro challenge. In che cosa consiste? "Nonostante le numerose regole e limiti da rispettare, la nostra immaginazione può evadere altrove. Da qui l’idea di far liberare la creatività che c’è in ognuno di noi realizzando un disegno, un progetto, un video con il proprio spazio ideale dove trascorrere l’attuale quarantena. Chi aderisce invia il proprio elaborato via email ([email protected]) o via Instagram (quarantine_archichallenge) e noi lo pubblichiamo con il nome dell’autore o in modo anonimo". Chissà che da un’esercitazione non nascano i progetti delle case del futuro. A prova di Coronavirus e di quarantena.
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