Sabato 28 Dicembre 2024
ALESSANDRO MALPELO
Cronaca

Coronavirus, medici di base contro la Lombardia: "Strage frutto di scelte politiche"

Scotti: "Smantellata la rete sul territorio. Risultato: pazienti abbandonati a se stessi e curati troppo tardi"

Silvestro Scotti (ImagoE)

Roma, 16 aprile 2020 - Dottor Scotti, perché in Lombardia si registra un numero di morti così elevato rispetto ad altre regioni dove l’epidemia da Coronavirus è partita quasi contemporaneamente? "I problemi si manifestano per via di un sistema sanitario concentrato tutto sugli ospedali – risponde Silvestro Scotti, segretario nazionale della Fimmg, Federazione medici di medicina generale – mentre hanno lasciato scoperte le reti ambulatoriali dove noi eravamo presenti, reti che da tempo erano state smantellate". In che senso vi hanno tolto di mezzo? "Nelle case di riposo per anziani, ad esempio, la quota dei medici di famiglia è stata tolta e trasferita alla struttura. Di pari passo sono stati tagliati distretti, meccanismi di controllo, la sanità pubblica con relativi servizi di prevenzione. Penso che per questo e altro si siano accorti troppo tardi della piega che stava prendendo l’epidemia. I casi Covid-19 sono stati orientati verso reparti di eccellenza. Tutti sanno che l’epidemia va gestita all’interno dei territori, diversamente gli infettivi passano dal pronto soccorso, si moltiplicano i focolai con tutto quello che ne consegue". Si registrano molti decessi anche in proporzione ai contagiati. Perché i malati arrivano tardi in terapia intensiva? "Sono mancati gli strumenti che permettessero di agire tempestivamente in un contesto domiciliare, è venuto meno il monitoraggio delle condizioni dei soggetti a casa. Abbiamo dovuto comprare 50mila mascherine, come Fimmg, per mandarle in Lombardia, e ce le hanno tenute sequestrate quattro giorni. Tu medico in trincea senza protezioni puoi fermarti o fare il kamikaze in mezzo a mille difficoltà. Questo spiega perché abbiamo pagato il tributo maggiore, il 40 per cento dei morti tra le fila dei sanitari riguarda nostri colleghi". Carenze o esitazioni si registrano anche in altre regioni, malati cui sono stati prescritti antimalarici al telefono, lasciati a casa nel dubbio, senza visita e senza tampone. "Neppure ai medici di famiglia è stato fatto il tampone per tempo, anche a quelli sospettati di aver contratto il virus. I servizi di igiene pubblica, contattati sulla pec, tante volte nemmeno rispondono, questo succede un po’ in tutta Italia. Ma quanto accaduto tra Codogno, Bergamo e Milano è andato oltre, ha indicato che il modello lombardo di assistenza nel territorio ha mostrato i suoi limiti, e non per cattiva volontà dei medici". Ma il Veneto per esempio ha retto, e il rapporto di forze è identico alla Lombardia. "Però il Veneto è fortemente articolato in distretti e strutture intermedie, con una rete di infermieri che si recano a domicilio coadiuvando i medici di famiglia sulle cronicità. Questa rete è stata velocemente riconvertita per l’assistenza agli acuti, come si conviene in una pandemia. Di fronte all’emergenza, in Lombardia, è mancato il necessario supporto ai medici che nel territorio si adoperavano per contenere i contagi". Che cosa possiamo fare per limitare il danno? "Non possiamo permetterci di perdere neanche un minuto. Governo e Regioni devono muoversi ora per provvedere alle scorte necessarie di vaccino antinfluenzale e anti-pneumococco contro la polmonite. Dobbiamo anticipare e ampliare la campagna vaccinale. Diversamente c’è il rischio di ritrovarci in ottobre con un nuovo picco, sarebbe un disastro, altro che fase 2".