Venerdì 15 Novembre 2024
GIOVANNI ROSSI
Cronaca

Coronavirus, quando una mascherina costava 8 centesimi

Continua lo scontro sul prezzo popolare, le aziende: "Oggi i costi di produzione sono diversi". Il commissario Arcuri: liberisti da salotto

Coronavirus mascherine (ImagoE)

Coronavirus mascherine (ImagoE)

Roma, 29 aprile 2020 -  Le mascherine chirurgiche a 0,50 euro (0,61 con Iva fino a quando l’imposta non sarà tolta, come assicurato "per il 2020" dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri) non bastano a raffreddare le polemiche. Il sollievo dei consumatori si scontra con il disappunto dei distributori farmaceutici. "È un valore del tutto fuori dalla realtà, dato che il costo d’acquisto e/o importazione in Italia è di gran lunga superiore al prezzo massimo di vendita previsto dal provvedimento", protestano Adf e Federfarma Servizi, in un appello urgente al commissario Arcuri, al ministro della Salute Roberto Speranza e e al Governo "per sgombrare il campo dai dubbi e dalle incertezze".

Non ultimo il problema della vendita con Iva (11 centesimi a pezzo) che – diversamente da quanto auspicato dal premier Giuseppe Conte – è tuttora prevista dall’ordinanza del commissario all’emergenza Domenico Arcuri pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 26 aprile. "Prima della crisi le mascherine costavano 8 centesimi, sei volte in meno del prezzo massimo che abbiamo inteso fissare nell’interesse dei cittadini. Lo Stato deve incentivare la produzione italiana. Abbiamo rassicurato i produttori: compreremo tutto. In 105 ci hanno ringraziato, solo uno ha avuto qualche dubbio", tuona Arcuri.

E a chi "dice che il prezzo delle mascherine lo fa il mercato", il Commissario risponde a muso duro: "Avrei tanta voglia di parlare dalla trincea in cui da 40 giorni mi trovo: di parlare dei liberisti che emettono sentenze quotidiane da un divano con un cocktail in mano". Ancora: "Il prezzo calmierato delle mascherine rimarrà tale fino a quando il mercato non sarà del tutto pronto a essere libero. È un danno sì ma per i vergognosi speculatori". I toni sono da politico, più che da tecnico (seppur sotto stress).

Il caso mascherine è in realtà parecchio complicato. C’è un prima e un dopo. "Nel mondo ante Covid 19 le mascherine, molto spesso cinesi, erano acquistate all’ingrosso a prezzi oscillanti tra 0,15 e 0,20 euro a pezzo, senza grandezze d’ordine prestablite e senza pagamenti anticipati", spiega la dottoressa Lucia De Robertis, direttore magazzino dell’Azienda farmaceutica municipale di Arezzo. "Ora troviamo sul mercato con grande difficoltà, da aziende italiane riconvertite all’emergenza, lotti minimi persino da 100.000 pezzi: però con pagamento anticipato e prezzo non inferiore a 0,60 euro a mascherina più Iva, quindi superiore al prezzo di vendita imposto", spiega De Robertis evidenziando prospetticamente anche e la strettoia della vendita sottocosto "vietata dalla normativa attuale".

Senza contare che i costi industriali italiani in pieno Coronavirus non sono certo quelli cinesi prima dell’epidemia. Non a caso "in Spagna il prezzo massimo fissato è di 0,96 euro", rimarcano i distributori. Insomma, in caso di problemi alla filiera per lentezza nei rifornimenti o prezzi troppo ’tirati’, le aziende farmaceutiche paventano di finire schiacciate tra governo e consumatori. Arcuri non teme disservizi e tira dritto: "Da lunedì potremmo distribuire 12 milioni di mascherine al giorno, tre volte l’attuale fornitura. Dal mese di giugno arriveremo a 18 milioni, dal mese di luglio 25 milioni e quando inizieranno le scuole a settembre potremmo distribuire 30 milioni di mascherine al giorno, undici volte quel che distribuivamo all’inizio dell’emergenza". Calcolo corretto? Lo si vedrà sul campo.