Bologna, 8 marzo 2020 - I dati da comparare sono due: l’85% degli studenti delle scuole medie superiori è favorevole alla chiusura delle scuole ma al contempo solo il 35% dichiara di mettere in atto i comportamenti consigliati dal Governo per ridurre il rischio di trasmissione del virus. È questo un risultato che fa riflettere e che deve accendere un alert su come comunicare ai giovani il pericolo al quale si sottopongono non tenendo conto dei suggerimenti delle istituzioni.
Prima di analizzare i motivi che potrebbero aver influito nel non aver preso in seria considerazione un cambiamento dei propri stili vita, è interessante focalizzare quali sono i comportamenti non virtuosi che si mettono in atto. Oltre che in Lombardia anche in tutte le altre regioni al provvedimento di chiusura delle scuole è stata associata la prescrizioni di evitare luoghi affollati, di non baciarsi e stringere la mano per salutarsi, di non intrattenersi in gruppi se non rispettando la distanza di almeno un metro tra le varie persone. Questi avvertimenti sono validi per tutta la popolazione, quindi per qualsiasi età. Però se si va ad indagare quali di queste prescrizioni sono realmente seguite dai più giovani il risultato è scoraggiante.
Il 65% dichiara che non ha cambiato in maniera particolare le proprie abitudini in queste prime due settimane di emergenza Coronavirus. Il 75% afferma che continua a salutare gli amici sia con strette di mano che con baci e abbracci, il 65% non evita di frequentare luoghi affollati. Non solo: il 45% dice che andrebbe in discoteca se potesse. Insomma è come se al momento il provvedimento di chiusura delle scuole più che essere percepito come un allarme sociale, e quindi come una forma di prevenzione da attuare per proteggere la salute di ragazzi, dai giovanissimi sembra essere vissuto come slegato da qualsiasi azione di prevenzione.
Un altro dato che sembra contraddire il precedente ma che ha una sua spiegazione in termini di comunicazione è che anche tra i giovani si registra l’allarme per il Coronavirus. In questo target il 57% dice di essere preoccupato anche se solo il 27% teme di poter essere infettato. Le ragioni di questi comportamenti non corretti sono diversi e non sono solo ascrivibili al concetto di una superficialità giovanile rispetto ai grandi problemi, ma probabilmente più ad un difetto di comunicazione istituzionale che ha influito nel non mettere in guardia questa parte della popolazione dai rischi ai quali potrebbe andare incontro. Per esempio un dato su cui riflettere è che rispetto ai temi del Coronavirus il 67% dei giovani dichiara di informarsi attraverso il web e solo il 27% dice che segue la TV ed i programmi che nello specifico affrontano questo argomento. Internet è il terreno fertile in cui montano le fake news, in cui si generano notizie incontrollabili e che il più delle volte incidono nella formazione delle opinioni.
Ecco dunque che il prevalere della Rete nel canale informativo dei giovani è certamente uno dei problemi da affrontare dalle Istituzioni per comprendere come far arrivare ai giovani le giuste notizie. Tra l’altro con le scuole chiuse diventa anche impossibile che i docenti possano trasformarsi in testimonial di informazioni veritiere o comunque scientificamente approvate. Probabilmente un altro errore di comunicazione istituzionale può aver inciso nell’aver fatto percepire con superficialità il rischio di contagio tra i giovani. Infatti da quando è scoppiata l’emergenza si tende a giustificare il numero dei morti con l’età, dicendo appunto che le persone più colpite sono gli anziani e che tra i giovani ed i bambini il virus non è aggressivo.