Roma, 8 aprile 2020 - Nonostante i dati (blandamente) positivi sull'epidemia da Coronavirus in Italia, l'Oms - per bocca del rappresentante italiano Ranieri Guerra - fa pressing perché si proceda con la massima cautela, quando si parla di riaperture e 'fase 2'. In sostanza, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, il calo della curva pandemica è ancora troppo lento, e quindi modificare le misure di contenimento è un rishio.
Coronavirus, l'allarme resta massimo
"Non credo che il governo intenda proporre azioni che non siano dettate dalla massima prudenza e dal dato oggettivo a oggi - dice Guerra al punto stampa in Protezione Civile - Siamo in un momento in cui in alcune zone del pianeta si comincia a vedere la luce, in altre no, e sono zone che ci sono abbastanza vicine. Il livello di allarme è tuttora massimo. Il fatto che le misure abbiano avuto un riscontro preciso, che ci conforta sull'efficacia, ci dice che è ovvio che continuare con queste misure ci può portare all'abbattimento della curva".
E quindi si appella alla prudenza, e alla pazienza: "Provvedimenti del genere senza una valutazione del rischio - ha aggiunto - sarebbero assolutamente sbagliati".
Curva epidemica? Solo rallentamento
E dunque, sottolinea Guerra, "i passi preliminari per pensare alla riapertura sono parecchi, avendo visto l'andamento della curva epidemica anche oggi non siamo in diminuzione, siamo in rallentamento ma siamo di fronte a un plateau, che si abbassa progressivamente in maniera assai lenta. Questo significa che c'è un serbatoio di positivi asintomatici che continuano a veicolare il virus. Quando aprire senza avere il quadro completo è abbastanza difficile prevederlo". "Si può predisporre una valutazione del rischio per età - ha aggiunto - per tipo di lavoro, area geografica, sempre con un occhio a una riduzione marcata della curva che ancora non c'è. Non credo che il governo voglia procedere alla riapertura senza tenere in considerazione questa rischiosità che al momento è ancora molto alta".
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Uno screening per la fase 2
Quello a cui si pensa per entrare nelle 'fase 2' della crisi coronavirus non è "uno screening di massa", ma "un test a campione per riuscire a capire quale sia stata la distribuzione del contagio, comprendendo anche gli asintomatici e tutti coloro che non sono stati sottoposti a diagnosi precisa", ha poi precisato il direttore generale aggiunto dell'Oms. "Questo all'interno della costruzione epidemica ci permette di comprendere delle variabili che non conosciamo e che sono fondamentali, anche per dirci qual è esattamente il tasso di letalità della patologia e per comprendere bene quale sia stata la distribuzione per classi d'età, ma anche per attività lavorative, quindi con un occhio anche alla riapertura al lavoro".