Roma, 4 maggio 2020 - Dalle palestre al pilates, dallo yoga alle piscine. Decine di migliaia di strutture in ogni angolo del Paese con le spalle al muro da settimane. Piegate dal Coronavirus e martoriate dal lockdown. "Adesso basta, non ce la facciamo più. Fateci lavorare. Riaprire a giugno, o dopo, non si può", le urla di rabbia di chi oggi rischia il posto e non vede futuro. La rivolta è esplosa definitivamente negli ultimi giorni, quando è stato chiaro che una data per la ripartenza degli impianti dedicati all’attività motoria non era nemmeno stata ipotizzata dal governo. E nonostante una piccola luce si sia accesa dopo le parole di Vincenzo Spadafora, ministro dello Sport che pochi giorni fa ha aperto uno spiraglio con vista sul 18 maggio, virus e chiusure stanno continuando a uccidere il fitness, piombato in una crisi piena di tutto: mancati incassi, incertezza e aiuti che non arrivano.
A ipotizzare i danni per il settore è Marco Neri, vicepresidente della Federazione italiana fitness (oltre 2mila centri e 20mila tesserati) che parla di perdite complessive, ogni mese, pari a un miliardo di euro. "C’è il rischio concreto – avvisa – che molte strutture chiudano per sempre. In Italia, l’industria delle attività sportive non agonistiche legate a fitness e benessere muove ogni anno 10 miliardi di euro: significa che in questi primi due mesi sono già andati in fumo quasi 2 miliardi, con una ricaduta negativa su 600mila lavoratori, la metà dei quali ha una partita Iva e rischia di dover abbandonare la propria attività se il governo dovesse continuare con il blocco prolungato". Neri va all’attacco e sostiene che "se non si riparte subito, sui circa centomila impianti presenti in Italia tra palestre, club, piscine, studi e centri vari, la metà non riaprirà più". Per questo servono investimenti immediati: "Il fondo perduto, ma riaprire almeno gli studi di personal training sarebbe già un passo in avanti".
Istruttori, insegnanti e trainer hanno atteso per settimane il 4 maggio come il giorno della ripartenza di un settore che rappresenta, ogni anno che passa, una spinta sempre maggiore al Pil nazionale (per il Coni, lo sport in Italia vale quasi il 2%). E invece niente. Per Lucia Nocerino, 44enne presidente dell’Associazione professionisti pilates in Italia, "non c’è più tempo da perdere, perché ogni giorno di chiusura in più produce danni gravissimi e mette a rischio le nostre strutture". Dunque, il governo dovrà "permetterci di riaprire per evitare il collasso economico di migliaia di insegnanti o dare finanziamenti a fondo perduto, perché se aspettiamo ancora il nostro settore muore". Gli studi di pilates (70mila utenti, 10mila insegnanti e tremila studi) "sarebbero tra l’altro già pronti a riaprire – spiegano gli istruttori –. E questo perché lavoriamo molto con piccoli gruppi di persone o attraverso lezioni individuali, situazioni che favoriscono la sicurezza. Lo diciamo da settimane: fateci ripartire".
Lo stesso urlo disperato lo lanciano i gestori di palestre e centri crossfit: "Subito risorse o saranno macerie – spiega Riccardo Bassani, titolare di una struttura a Piacenza – Ho perso 25mila euro in due mesi e non ho più liquidità per le spese: ho tagliato i collaboratori, il mio stipendio, sospeso il mutuo e l’affitto del mio box crossfit. Se i 600 euro sono arrivati? Sì, ma serviranno per pagare le prossime tasse. Il futuro? Più che spaventarmi, mi terrorizza".