Roma, 5 maggio 2020 - Ristoro integrale, sotto forma di credito d’imposta al 100%, del costo sostenuto per 3 mesi per gli affitti di tutte le imprese, indipendentemente dal settore d’appartenenza o dalla dimensione. Unico vincolo: devono aver subito perdite di fatturato a causa dell’emergenza Coronavirus. È una delle ultime carte che il governo intende giocare nel decreto legge da 155 miliardi che tra domani e venerdì dovrebbe approdare sul tavolo del Consiglio dei ministri. Ma la partita della maxi-manovra rimane da giocare fino all’ultimo momento dentro la maggioranza: i nodi da sciogliere – al centro di un summit notturno a Palazzo Chigi col premier Giuseppe Conte e i capi delegazione – vanno dalle coperture della cassa integrazione all’assegno unico per i figli e alla regolarizzazione degli immigrati.
E, in particolare, si concentrano sul reddito di emergenza e sulla partecipazione dello Stato nel capitale delle imprese, misure volute dai grillini, contestate dai renziani e non gradite neanche dal ministro Roberto Gualtieri. Certo è che, mentre si va, come avvisa il ministro Stefano Patuanelli, verso un tracollo della produzione di tutti i comparti, nell’ordine di «400 forse 500 miliardi di euro su base annua», in primo piano, il pacchetto imprese resta in primo piano . Si attende il nuovo quadro di riferimento europeo sugli aiuti di Stato, ma il puzzle si va comunque componendo.
Il ristoro degli affitti dovrebbe costare circa 1,7 miliardi. Mentre 600 milioni saranno destinati alla riduzione degli oneri delle bollette commerciali, portando per tre mesi la potenza delle utenze a 3 chilowattora: di fatto una sorta di azzeramento del costo per l’impresa. Nel decreto dovrebbero poi essere rafforzati eco-bonus e sisma-bonus, dando la possibilità ai contribuenti di usufruire dello sconto in fattura e della cessione del credito al sistema bancario.
La detrazione fiscale potrebbe arrivare al 120%. Dovrebbe inoltre essere confermato per 3 anni il pacchetto di misure Industria 4.0 e si sta valutando anche un aumento del credito d’imposta per Ricerca e Sviluppo. Il Fondo di garanzia per i prestiti alle Pmi sarà rifinanziato con altri 4 miliardi. E dovrebbero arrivare degli sgravi ad hoc per le spese di investimento che necessarie a ristoranti, alberghi e bar per ripartire e garantire il distanziamento sociale. In ballo anche un pacchetto da 500 milioni per le start up innovative e tempi rapidi per la nuova tranche degli autonomi (che sale da 600 a 800 euro). C’è intesa anche sui contributi a fondo perduto legati alla perdita di fatturato per le micro imprese sotto i 5 milioni di ricavi.
Ma sull’intervento dello Stato è duello tra Gualtieri e i renziani e Patuanelli e i grillini. Lo schema Patuanelli, prevede, infatti, l’ingresso pubblico nel capitale per quelle di medie dimensioni tra i 5 e i 50 milioni di fatturato annuo, e l’intervento di Cdp per le aziende di maggiori dimensioni, oltre 50 milioni di fatturato. E nonostante il ministro dello Sviluppo faccia assicurazioni («Non vogliamo sovietizzare il nostro sistema produttivo»), il collega Gualtieri (come i renziani) ha escluso l’intenzione "di nazionalizzare le Pmi o intervenire nella loro governance".
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