Virus sotto controllo, ospedali senza situazioni di criticità in Italia, ma preoccupano i focolai segnalati nelle ultime ore tra i quali quelli di Como, Bologna e Mondragone di Caserta. Una decina in tutta Italia. Si capisce che il Sars-CoV-2 circola in misura tuttora imprevedibile, dunque l’epidemia deve ancora essere domata e potrebbe riaccendersi. Intanto ieri si sono registrati 259 nuovi casi, 30 decessi di pazienti Covid, e due ingressi in terapia intensiva (di questi ultimi impossibile dire se sono nuovi arrivi o trasferimenti da altri reparti). L’ultimo report dell’Istituto superiore di sanità sull’emergenza Coronavirus indica che molti dei casi notificati in questi ultimi giorni hanno contratto l’infezione tra la seconda e la terza fase di riapertura, dopo il 25 maggio e prima del 7 giugno. Ma abbiamo anche soggetti individuati dallo screening che potrebbero aver contratto l’infezione in periodi antecedenti. "La situazione continua a essere buona – rassicura Gianni Rezza, direttore della Prevenzione del ministero della Salute, commentando in video i dati aggiornati – l’indice di trasmissione del contagio Rt è sotto 1 su scala nazionale. Naturalmente persistono differenze nell’incidenza tra regioni".
"Sono presenti focolai anche di una certa rilevanza, segno che il virus in determinati contesti è in grado di circolare rapidamente – avverte ancora il professor Rezza – questo induce a mantenere comportamenti adeguati, imponendo di identificare e contenere prontamente i focolai che dovessero insorgere, come attualmente si sta facendo".
Resta aperta la questione dei pazienti sottoposti a tampone che mostrano di essere debolmente positivi, e che ora si contano diversamente. Cambia infatti la modalità di elaborazione dei dati statistici in funzione della condizione clinica. Parliamo di soggetti che presentano meno di cinquemila copie di Rna virale per millilitro (la carica virale media sui tamponi, agli esordi dell’epidemia, era pari a milioni di copie del virus). I debolmente positivi sono soggetti generalmente in buona salute o che hanno superato l’infezione. La minore carica virale sui test dipende da situazioni concomitanti tra cui il gran caldo di questi giorni e l’adozione sistematica delle mascherine. Per questo può essere utile scorporare i debolmente positivi dalla conta.
Ora, il tema del grado variabile di contagiosità è al centro di uno studio del Policlinico San Matteo di Pavia, i cui risultati indicano come la maggior parte delle persone clinicamente guarite da Covid-19 (senza più sintomi) ma ancora positive al tampone abbiano in serbo una quantità di virus talmente bassa da sembrare di fatto inoffensivi. Un documento diffuso ieri, firmato da dieci luminari, tra i quali i milanesi Giuseppe Remuzzi (Istituto Mario Negri) e Alberto Zangrillo (S. Raffaele), pone interrogativi "sulla reale capacità di questi soggetti paucisintomatici e asintomatici di trasmettere l’infezione". Ma sulla base degli studi genetici "il virus non si è rabbonito", ribatte Massimo Galli, della Società italiana malattie infettive (Simit). Cauto anche Andrea Crisanti, infettivologo universitario a Padova, artefice del modello veneto di profilassi antivirale. Sulla questione dei debolmente positivi meno contagiosi è attesa ora una presa di posizione del Comitato tecnico scientifico del ministero. Al momento il sottosegretario alla Salute, Sandra Zampa, invita alla prudenza, raccomandando la quarantena nei casi dubbi, in attesa di ulteriori evidenze.