Roma, 23 maggio 2020 - Il decreto Rilancio avrebbe dovuto semplificare e accelerare le procedure per la cassa integrazione, perché i lavoratori potessero incassare gli assegni il prima possibile. Ma a conti fatti le nuove regole rischiano addirittura di rendere più intricato il pasticcio dei ritardi e delle complicazioni dei mesi scorsi. Due le sorprese-boomerang delle ultime norme: da un lato, il passaggio all’Inps anche della gestione della cassa in deroga, per come è configurato, non velocizzerà le erogazioni, tant’è che anche facendo la domanda adesso, l’anticipo del 40% dell’indennità non arriverà prima di luglio; dall’altro, un complesso meccanismo di utilizzo dell’ammortizzatore finirà per far ritrovare moltissime aziende nella condizione di non poter più utilizzare la cassa e di non poter licenziare per il divieto introdotto fino ad agosto.
Dunque, la prima fase dell’operazione cassa-Coronavirus si è chiusa con un boom di richieste, ma con un bilancio fallimentare per la gestione dell’Inps (e delle regioni), con solo 4,6 milioni di lavoratori su 7,2 che hanno ottenuto l’indennità, ma grazie all’anticipazione delle imprese per 3,8 milioni. Ma la seconda fase rischia di essere ugualmente problematica. A denunciare la prima, rilevante, criticità è la responsabile welfare di Italia Viva, la senatrice Annamaria Parente: "Nel decreto rilancio le nove settimane in più di cassa integrazione possono essere usate solo dai datori di lavoro che hanno usufruito delle 9 settimane precedenti ma in modalità spezzettata: 5 entro il 31 agosto e le rimanenti 4 dall’1 settembre. A conti fatti 9 più 5 settimane per chi ha cominciato all’inizio della pandemia finiscono a metà giugno. E, dunque, da quella data e fino a settembre le aziende possono rimanere scoperte e per effetto del prolungamento del divieto di licenziamento fino ad agosto non possono neppure ridurre il personale". Insomma, una trappola che può dare il colpo finale alla liquidità residua.
Ma le amare novità non sono finite. Come osserva Enzo De Fusco, uno dei più avvertiti consulenti del lavoro, è vero che per la cassa in deroga non si dovrà passare più dalle regioni, ma a gestirla sarà direttamente l’Inps, che potrà anticipare il 40% della prestazione, ma "anche questa volta la procedura studiata è molto complessa: il decreto stabilisce che le domande all’Inps non potranno essere presentate prima di 30 giorni dall’entrata in vigore. Con una conseguenza ben precisa: le molte aziende che hanno già terminato le vecchie 9 settimane non potranno presentare le domande prima di fine giugno. L’Inps avrà ulteriori 15 giorni per approvarle e disporre il pagamento dell’anticipo del 40%".
Evidente la conclusione: "Non è difficile prevedere che il pagamento del solo acconto non arriverà prima di metà luglio". Non basta: le aziende – spiega De Fusco – sono tenute ad inviare due volte all’Inps le informazioni per il pagamento della cassa integrazione, la prima volta trasmettendo i dati per il pagamento dell’acconto e una seconda volta per trasmettere i dati per il pagamento del saldo.