Gentile direttore, sottoscrivo per intero il suo editoriale di ieri, nel quale critica con durezza ciò che la politica sta tornando a fare pur in questa fase di emergenza nazionale: litigare! Lei ha usato la parola vergogna. Io nei giorni scorsi ho detto pubblicamente che chi oggi fa polemica politica quotidianamente mi fa pena. In queste settimane sono stato lontano da qualsiasi richiesta di commentare decisioni e comportamenti di altri, ho rifiutato confronti fra presunti modelli. Ho anzi sempre cercato una posizione unitaria e condivisa delle Regioni, come presidente della Conferenza che le rappresenta, per un confronto positivo e propositivo con il Governo.
Siamo un Paese in competizione con un nemico esterno, il Coronavirus, non in competizione interna. Siamo alle prese con una pandemia mondiale che travalica qualsiasi confine, da cui possiamo uscire solo come Paese e come Europa, con l’impegno condiviso dell’intera comunità internazionale. In questo contesto, i contrasti fra esponenti istituzionali e forze politiche non c’entrano davvero nulla. Soprattutto se ritornano quei contorcimenti della politica che sfociano nella paralisi, nell’assenza di decisioni, quando invece serve esattamente l’opposto: risposte chiare e veloci.
Mai come oggi vanno superate le divisioni politiche e geografiche. Abbiamo bisogno di parlare poco e di lavorare molto, che è quello che ho cercato di fare e che tuttora stiamo cercando di fare qui in Emilia-Romagna. Se ne siamo stati capaci lo diranno i fatti e chiunque avrà modo di giudicare. Adesso però dobbiamo ancora gestire un’emergenza sanitaria. Il contagio va fermato, non solo rallentato. Ci sono vite da salvare. Ogni giorno siamo ormai abituati a una contabilità fatta di numeri, ma dietro a ogni numero c’è una persona. Tante sono venute a mancare – e voglio mandare un abbraccio sincero ai familiari –, e tante stanno soffrendo. Non è ancora arrivato il momento di mollare, rispettiamo le misure restrittive, anche per rispetto del lavoro straordinario che stanno continuando a fare ogni giorno professionisti e operatori della nostra sanità pubblica e tutti coloro che sono schierati sul fronte dell’emergenza.
È poi altrettanto importante sostenere famiglie, imprese (grandi e piccole, artigiani e commercianti, autonomi e professioni), lavoratrici e lavoratori, studenti. Nello stesso tempo, dobbiamo pensare a creare le condizioni per essere pronti quando potremo ripartire, sia dal punto di vista delle attività economiche e produttive che dei servizi. Bisogna pensare adesso a un piano di investimenti pubblici massiccio, leva indispensabile per poter uscire dalla crisi. Ma per avviare la fase 2, si deve mettere al primo posto la sicurezza di lavoratrici e lavoratori. Per questo andranno garantiti dispositivi di protezione individuale e sistemi di sanificazione dei siti produttivi, oltre a definire requisiti e procedure condivise con tutte le parti sociali, valide nelle filiere che gradualmente potranno rimettersi in moto.
Siamo chiamati a smarcare punti di un’agenda che richiama tutti noi a responsabilità che sono verso la collettività, non il tornaconto personale, elettorale, di partito. Nel Patto per il Lavoro regionale da 5 anni condividiamo le decisioni più importanti, con tutte le parti sociali, sindaci e amministratori di ogni colore politico. E così intendiamo continuare a fare, pronti a confrontarci con tutte le forze politiche in Consiglio regionale, di maggioranza e opposizione, con le quali fin dall’inizio della crisi la comunicazione è costante. Come ho detto il 27 marzo scorso nella seduta telematica dell’Assemblea legislativa, chiudendo la mia relazione, torneremo certamente a dividerci, ognuno a portare avanti le proprie idee. Ma prima pensiamo a come tornare a stringerci la mano se ci incrociamo, invece di dover sfuggire l’un l’altro lasciando almeno un metro fra di noi.