Roma, 14 aprile 2020 - La storia della piccola Beatrice, la neonata bergamasca ricoverata all’ospedale Papa Giovanni XIII per venti giorni dopo essere risultata positiva al Coronavirus, ha commosso il nostro Paese. E ci ha rivelato come anche i più piccoli siano esposti al virus. Come ci conferma il professor Giuseppe Saggese, già presidente della Società Italiana di Pediatria e ordinario di Pediatria all’Università di Pisa.
Qual è la prevalenza dell’infezione da Covid-19 in età pediatrica? L’impressione è che i bambini si ammalino meno degli adulti.
"E’ vero, i dati ad oggi disponibili ci dicono che i bambini sono meno colpiti dall’infezione rispetto agli adulti. Un ampio studio cinese ha documentato che su 44.672 casi confermati di Covid-19, lo 0.9% erano bambini di età tra 0 e 10 anni e l’1.2% tra 10 e 19 anni. In un altro studio su 72.314 casi, meno dell’1% erano bambini sotto i 10 anni".
E nel nostro Paese?
"Anche in Italia, secondo i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) lo scorso 11 aprile, su 100.269 casi totali diagnosticati, circa 2.000 riguardavano soggetti in età pediatrica (0-18 anni): quindi il 2%, un numero piuttosto basso, i pazienti erano uniformemente distribuiti nelle varie età pediatriche".
Quali sono i sintomi nei bambini contagiati?
"I bambini hanno una sintomatologia più lieve rispetto agli adulti. Il più importante studio su bambini con infezione da Covid-19 è tato condotto dal ’Chinese Center for Disease Control and Prevention’ e pubblicato il 16 marzo sulla prestigiosa rivista internazionale ’Pediatrics’. Sono stati valutati 2.134 bambini di età compresa tra 0 e 18 anni con un’età media di 7 anni".
Quali risultati sono emersi?
"Risultavano infettati bambini di tutte le età, senza significative differenze tra maschi e femmine con una lieve prevalenza nei maschi (56.6) rispetto alle femmine (43.4%). Nel 94,4% si trattava di forme asintomatiche, lievi e moderate mentre nel 5,6% erano forme gravi, con 1 decesso in un bambino di 14 anni. I sintomi principali erano rappresentati da: tosse, prima secca e poi grassa, febbre, “gola infiammata”, raffreddore, starnuti, stanchezza e, in alcuni casi, sintomi gastrointestinali come nausea, vomito e diarrea. Le forme più gravi sono state osservate nei bambini più piccoli, con età inferiore ai 5 anni, in particolare nel primo anno di vita".
Questo vale anche in Italia?
"Per quanto riguarda i casi pediatrici italiani riferiti dall’ISS, si trattava soprattutto di forme lievi. Nessun bambino è stato ricoverato in reparti di terapia intensiva e nessuno è deceduto. Un decesso in una bambina di 12 anni è stato invece riportato il 31 marzo in Belgio dove sono circa 13mila. i soggetti contagiati dal virus. Al momento non sappiamo se la bambina avesse altre patologie".
Perché i bambini si ammalano meno degli adulti?
"Non è facile rispondere a questa domanda, siamo nel campo delle ipotesi. Intanto è verosimile che i bambini possano avere una risposta immunitaria più vivace. Un’altra possibilità riguarda il fatto che le diverse vaccinazioni che il bambino fa nei primi periodi della vita potrebbero rendere il suo sistema più ’pronto’ a rispondere a determinate infezioni. Ancora, altre possibilità: un migliore stato vitaminico D e l’assenza di altre patologie di base".
Dunque quali precauzioni per i bambini?
"Sono le stesse degli adulti: bisogna insegnare ai bambini a lavarsi bene le mani, a tossire e starnutire coprendosi la bocca e il naso con fazzoletti monouso e, soprattutto, stare lontani dalle persone, senza baciare i nonni, i fratelli e i cuginetti. Questo ’distanziamento sociale’ appare, ora che si sta gradualmente andando verso una diminuzione dei contagi, ancora più importante in quanto un irresponsabile abbassamento della guardia potrebbe vanificare tutti gli sforzi fatti fino ad oggi con il rischio di nuovi focolai di infezione".
Anche perché loro stessi possono essere fonte di contagio...
"Sì, dobbiamo considerare che, anche se nei bambini l’infezione ha un andamento favorevole, questi possono comunque trasmetterla ai più grandi, magari ai nonni che possono avere patologie croniche preesistenti e una risposta immunitaria più ’debole’. Ricordo che, nel nostro paese, abbiamo circa 14 milioni di ultra 65enni (22% della popolazione): di questi oltre il 50% ha una o più patologie croniche che nei 75enni tali patologie arrivano all’85%".