Una corsia preferenziale per le scuole, perché gestire i casi sintomatici di Covid-19 sia più facile e anche con una certa uniformità su tutto il territorio nazionale. A chiederla, nel Consiglio dei ministri che si è tenuto ieri, le ministre dell’Istruzione Lucia Azzolina e della famiglia Elena Bonetti, che già si era espressa a favore di test rapidi per le scuole. E’ essenzialmente una questione di tempi: sono i Dipartimenti di prevenzione delle Asl a scendere in campo quando qualcuno nel mondo della scuola avverte sintomi che facciano sospettare un’infezione da Sars-Cov2. Una eventualità "strettamente monitorata e ad oggi molto limitata", secondo il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro che ieri ha fatto il punto della situazione: i circa 2.000 positivi riscontrati finora – tra alunni, docenti e personale Ata – sono un numero limitato se si pensa che il pianeta scuola è composto da oltre 8 milioni di studenti e quasi 1 milione di professori.
Coronavirus,il bollettino di oggi 8 ottobre
Ma quando scatta il meccanismo per fissare il tampone e poi attendere l’esito, i tempi sono troppo lunghi e le situazioni a macchia di leopardo. Ci sono realtà come Firenze dove fare il tampone in modalità ‘drive in’ è immediato e il risultato arriva puntuale dopo 48 ore – ma, spiega chi c’è già passato, nei casi di positività l’attesa è ancora più breve – e altre come Roma in cui solo per farlo (testimonianza diretta di diverse mamme) c’è da stare otto ore in fila. E per l’esito si deve aspettare una settimana. Nel frattempo famiglie e classi restano sospese, in quarantena volontaria. Ognuno, poi, interpreta i protocolli come vuole, compreso decidere se mettere in quarantena una classe oppure no.
Proprio il tema della troppa burocrazia e la richiesta di risposte chiare sulla possibilità di accorciare la quarantena a dieci giorni e di fare a scuola test salivari hanno visto ai ferri corti il vice ministro alla Salute Pierpaolo Sileri e il Comitato tecnico scientifico. A chiudere la questione, dopo che lo stesso Sileri aveva ribadito di aver solo cercato "le risposte che la gente vuole avere", il premier Giuseppe Conte che ha ricordato che il Cts lavora gratis come consulente del governo nella gestione della pandemia e che da parte del vice ministro cinquestelle non c’era nessuna volontà di fare polemica.
La risposta della scuola alle quarantene è comunque diversa da istituto a istituto. Non c’è una regola né tantomeno una legge che stabilisca con quali tempi debbano iniziare le lezioni a distanza. E così succede che alcune scuole riescano ad organizzarsi bene garantendo dopo pochissimi giorni una continuità didattica, anche se con video lezioni, e altre no. Da chi dipende? In teoria, a sentire i sindacati della scuola, un docente, anche in quarantena, può benissimo fare lezione a distanza ma ci deve essere un piano didattico e qui ogni istituto, in regime di autonomia, fa come vuole.