Lunedì 6 Gennaio 2025
VIVIANA PONCHIA
Cronaca

Come cambia l’italiano. Dai fuffa guru all’amichettismo: "Una lingua vitale e fantasiosa"

La Treccani promuove come segno di buona salute i neologismi entrati nell’uso comune nell’ultimo biennio. Dalla politica alla cronaca allo spettacolo, siamo sempre più creativi nel coniare nuove parole. Nonostante Agrigento, Capitale italiana della cultura (con Lampedusa) per il 2025, sia finita sotto i riflettori per i due errori grossolani apparsi sui cartelli stradali all’ingresso della città

I due errori grossolani su un cartello stradale di Agrigento

I due errori grossolani su un cartello stradale di Agrigento

La lingua italiana sta benone. Sempre più vitale, attenta alle novità e alle mode, spregiudicata al punto da osare un "fuffa guru" e un "boppone", un "dissing" e uno "sdigiunino". Il Libro dell’Anno Treccani 2024 prende come segno di buona salute i neologismi entrati nell’uso comune nell’ultimo biennio. E pazienza se il presidente della Crusca Paolo D’Achille faceva notare che la comunicazione mediata dal computer, o la promiscuità con l’inglese, hanno impoverito l’italiano e prodotto mostri. Portava le prove, una su tutte il "gerundio irrelato" che provoca vertigini senza punteggiatura di questo tipo: "Regalo divano è macchiato ha delle macchie avendo due bambini". Pazienza se gli insegnanti, prove Invalsi alla mano, ricordano che i giovani dispongono di un vocabolario povero e strampalato, accusano i social di avere imbruttito la comunicazione, fatto saltare la grammatica, condannato all’estinzione congiuntivi e condizionali. Pazienza infine per i clamorosi errori sui cartelli stradali vicino ad Agrigento ("Valle di Templi", "Contrata Caos"), messi addirittura in direzione opposta, verso Catania e non verso la casa natale di Luigi Pirandello.

Ci rifacciamo con la creatività, quando l’occasione lo richiede. In pochi mesi abbiamo dato il benvenuto ad "arciterrorista", "agrobiodiversità", "trenopolitana", "campo largo" e "razzismo immobiliare". Avvinghiati alla cronaca più che alla consecutio, ci siamo buttati su "Telemeloni", "vannacciano" e "Pandoro Gate". Annalisa Nesi, docente di Linguistica italiana all’Università di Siena, membro del Consiglio direttivo della Crusca, ricorda che vivere senza congiuntivo si può ma se lo si impara è meglio e che nell’evoluzione di una lingua non comandano mai le parole ma le persone.

È merito o colpa nostra quindi se è diventato moneta corrente "alcolock", il dispositivo che impedisce l’accensione del motore all’ubriaco. Ma pure "amichettismo", riferito al comportamento di chi, in posizione di potere e prestigio, favorisce i suoi. Se "verba sunt consequentia rerum", ci meritiamo la confidenza con un "barattellum", trasferito dal reciproco appoggio delle forze politiche in Parlamento ai nostri piccoli inciuci come già il memorabile "porcellum" che faceva più fine di porcata. E "boppone", accrescitivo di "bop" per dire bella canzone, da Amici a X Factor. O "coordinatore di intimità" perché in tempi di #MeToo sul set ci vuole un professionista addetto al benessere degli attori prima di un scena di sesso.

La Treccani raccoglie il "dissing" dall’ambiente rap dove lo scambio di accuse esagerate è diventato la regola. E non disdegna "fuffa guru" pur di dare un nome all’esercito di ciarlatani della rete che millantano competenze non documentabili. "Il nostro è un compito di osservatorio della durata di vita di queste parole – spiegano – e ci siamo limitati a registrare le forme più diffuse nei mezzi di informazione, consapevoli che spesso poche sono destinate a durare".

Non è dato sapere la tenuta di "sdigiunino", lo snack veloce caro al cuoco Giorgione acclamato sui social. Di "totismo", dal modo di governare la Regione Liguria, si potrà fare presto a meno. Invece "vacansia" va difeso per spiegare la spiacevole sensazione di irritabilità provocata dall’incapacità di non fare niente e rilassarsi. Anche "trappola di miele" andrà conservato quando la polvere si sarà posata sulla vicenda Boccia-Sangiuliano: di seduzioni e ricatti la storia non può fare a meno e la lingua ha il dovere di adeguarsi.