
Roberta Fallavena, 63 anni, ha mangiato del salmone con il Listeria ed è finita in coma
Bologna, 6 marzo 2025 – Acquista del salmone affumicato sottovuoto in un supermercato di periferia, lo consuma così com’è e il giorno dopo inizia a sentirsi male: portata in ospedale, vi resta per due mesi, finisce in coma (per 20 giorni è in terapia intensiva al Sant’Orsola) e riporta effetti devastanti tra cui meningite, polmonite bilaterale, crisi epilettiche, trombosi e problemi cardiaci: è intossicazione da Listeria. E l’inizio di un vero incubo per questa donna bolognese, 63enne, che ancora oggi deve fare i conti con il trauma subito, dopo il terrore di non farcela e “due anni di vita persi”, e con un danno permanente.
E poi, c’è la beffa: “L’assicurazione non vuole risarcire. Questo è vergognoso”. Il pm Gabriella Tavano ha chiesto il rinvio a giudizio per il legale rappresentante della società importatrice, di Ancona. Si è in attesa dell’udienza preliminare. Si procederà per lesioni colpose gravi (superiori ai 40 giorni) e commercio di sostanze alimentari nocive. Tutto ha inizio il 15 luglio 2023. Roberta Fallavena acquista quattro confezioni di salmone affumicato sottovuoto nel supermercato dove va di solito. Lei e il marito aprono due confezioni e mangiano il salmone con l’insalata. “Il giorno dopo – racconta Fallavena – ho mangiato una pizza ma non la digerivo. Il mercoledì, avevo i brividi e un forte mal di testa”. Da qui il lungo calvario in ospedale, con la paura di morire. “Se ci penso, non ci dormo la notte – si commuove –, ancora è dura. Il mio compleanno, quella volta, l’ho ‘festeggiato’ intubata”. L’Ausl ha svolto un sopralluogo a casa della donna: è stato riscontrato il Listeria nelle due buste rimaste (ancora sigillate) acquistate quel giorno. Il batterio era presente in unità di 3 milioni per grammo, una “quantità esageratamente alta” e “fortemente nociva”, si legge nella querela presentata da Fallavena, assistita dall’avvocato Sabrina Evangelisti. Dall’analisi genomica (sul Dna del batterio) era emerso che il batterio nel salmone era dello stesso ceppo di quello trovato nel sangue di Fallavena. Da qui, “la certezza che fosse lo stesso”. Il salmone, poi, “è stato correttamente conservato” in frigo e “consumato entro la data di scadenza”. All’esito dei “risultati allarmanti”, l’Ausl ha diramato “un’allerta internazionale nell’ambito dell’Unione Europea per segnalare la pericolosità del lotto di salmone”. Fallavena si è vista costretta a dire addio a tanti progetti e passioni: “Ho dovuto cancellare tutto quello che facevo: badare alla mia mamma, le passeggiate, le escursioni in bici, i viaggi”.
Dall’ospedale era uscita in carrozzina e la commissione medica le aveva riconosciuto l’invalidità al 100 per cento, oggi scesa al 35 per cento, “ma ciò significa che tuttora non posso correre, faccio fatica a camminare e a volte a respirare, spesso non mi ricordo alcune parole, non riesco ad affrontare dei gradini se troppo alti, per arrivare in tempo alla fermata dell’autobus devo partire molto prima. La mia vita è stata stravolta e continua ad esserlo”. E dall’assicurazione della società importatrice, nulla. “È vergognoso. Dovrebbero ricoprirmi d’oro, anche per le tante spese sostenute, tra medicine e fisioterapia”. “La vicenda è spiazzante – così l’avvocato Evangelisti –, nasce da un episodio abituale, quotidiano. Poteva capitare a ciascuno di noi. Ed è un’intossicazione che può essere mortale. Io stessa da allora ho smesso di mangiare salmone”.