Sabato 17 Agosto 2024
ALESSANDRO D’AMATO
Cronaca

L’ex guardasigilli Claudio Martelli: "L’amnistia? Dura poco. Meglio depenalizzare e costruire nuove carceri"

Già Ministro della Giustizia coi governi Andreotti e Amato: "La carcerazione preventiva è un abuso. In certi casi somiglia alla tortura"

Claudio Martelli

Claudio Martelli

Roma, 18 agosto 2024 – Quando ero ministro qualche carcere siamo riusciti a inaugurarlo. Pochi, credo solo due. È sempre stato difficile, inspiegabilmente. Ma in Italia tutto quello che passa per la burocrazia diventa complicato». Claudio Martelli ricorda così il problema dell’edilizia carceraria nei primi anni ’90, all’epoca in cui è stato Guardasigilli: «La procedura prevede l’intervento del ministero dei Lavori Pubblici e di altre autorità: permessi, autorizzazioni comunali e regionali, lo Stato, i ministeri, eccetera. Oggi bisognerebbe adottare procedure di appalto più snelle. Però c’è anche da notare un’altra cosa», aggiunge.

Ovvero?

«La nostra popolazione carceraria è più o meno in linea con altri paesi europei come la Francia e la Germania. Quindi non vedo un sovraffollamento determinato da cause particolari, c’è una carenza di edilizia carceraria. E quando si adottano misure svuotacarceri – espressione orribile – si ha una tregua che dura qualche anno, poi il sovraffollamento ritorna. C’è anche un problema di sproporzione tra agenti della polizia penitenziaria e detenuti: le guardie carcerarie sono sotto organico, il loro numero va rafforzato».

L’ultima amnistia è stata concessa nel 1990, un anno prima che lei diventasse ministro. Come ricorda quel periodo?

«Ricordo che l’anno dopo le carceri erano più piene di prima. E non credo che ci sia uno spazio politico per concederne un’altra, visto che il partito della premier e la Lega sono contrari. Mettono in primo piano la sicurezza degli altri, ma non quella dei detenuti e questo è sbagliato. Inutile lasciare in carcere chi non ha compiuto reati gravi. Purtroppo se ne parla da tempo immemorabile ma senza risultati».

Il ministro Nordio vuole inserire nel Ddl carceri l’uscita anticipata per chi non è in carcere ostativo e deve scontare meno di un anno di pena. Fdi ha già bocciato l’idea. Secondo lei è una soluzione?

«Le idee di Nordio sono giuste e utili ma non sono risolutive. Sicuramente la depenalizzazione è una delle strade, così come è possibile individuare con la collaborazione del ministero della Difesa strutture delle Forze Armate che possono essere utilizzate per scontare residui di pena in condizioni di sorveglianza. Ed è urgente. Ma purtroppo lo ripeto: è una materia in cui tutto procede con lentezza esasperante».

E l’idea di limitare la carcerazione preventiva?

«La carcerazione preventiva dovrebbe essere giustificata soltanto se il soggetto è pericoloso. Sappiamo che la legge italiana prevede il pericolo di fuga, la reiterazione del reato e l’inquinamento delle prove. Ma abbiamo visto cos’è successo nel caso di Toti: si è scelto di lasciarlo in carcere per impedire che potesse reiterare gli stessi reati. Una cosa improbabile, visto che era sotto indagine. C’è un abuso cronico, una recidiva da parte di alcuni magistrati. E si tratta dello stesso sistema che si usava all’epoca di Mani Pulite. Un metodo che secondo me configura un reato».

Quale?

«Quello di tortura. Perché se io tengo in galera una persona e gli dico o confessi o butto la chiave si chiama tortura. La carcerazione preventiva deve essere giustificata solo in casi estremi e dopo la sentenza definitiva. Magari dopo una condanna in primo grado si possono introdurre delle misure cautelari come la firma all’ufficio di polizia più vicino. Ma la presunzione d’innocenza sta scritta in Costituzione e va rispettata».