Fatta la legge (o, meglio, il regolamento), trovato l’inganno. Il Pd si auto-conferisce, come è giusto, le regole per andare al suo congresso anticipato. L’ultimo step, le primarie aperte, si terranno il 12 marzo 2023 (in mezzo, in pratica, oltre 5 mesi in cui, nel frattempo, il governo Meloni farà e disferà come meglio crede e piace, ma tant’è), e questo già è un (primo) risultato. Il problema, tanto per cambiare, sono le regole. Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna, ormai in pista, ma che ha contro tutti gli altri maggiorenti dem specie quelli della sinistra interna - i quali, però, ancora faticano a trovare un oppositore degno dell’impresa - credeva che sarebbero state quelle della scherma (sport noto per la sua, insita, cavalleria), invece saranno quelle del rugby, sport maschio per eccellenza. Non che, si capisce, nel rugby non ci siano, le regole, ma insomma, la mischia è sicura e il fango pure, ecco tutto.
In pratica, tutti gli iscritti (al Pd), ma pure agli altri partiti ‘fratelli’ (Art. 1, Demos, Psi) della lista ‘Italia democratica e progressista’ che si è presentata alle ultime elezioni politiche, potranno votare. Fino all’ultimo uomo e donna e fino, soprattutto, fino all’ultimo giorno. Questa la prima, vera, novità. Il che è assai curioso. Da quando mondo è mondo, infatti, il tesseramento dell’anno solare in corso veniva chiuso per evitare inquinamenti dell’ultima ora. Inoltre, se è vero che alla seconda fase, le cosiddette primarie aperte, per votare bastava dichiararsi elettori eo simpatizzanti del Pd, pagando 5 euro, alla prima fase, le primarie chiuse, accedevano solo gli iscritti al partitone. Qui, invece, tutti (ma proprio tutti) possono iscriversi e partecipare, folgorati sulla via di Damasco del nuovo Pd.
Peccato che sia un modo come un altro per cammellare truppe, specie quelle degli anti-Bonaccini. Altra regoletta di cui non si è accorto, in pratica, nessuno. I congressi di ben 4 regioni (Lazio, Lombardia, Friuli, Molise) che, a marzo (o poco dopo o poco prima) andranno al voto per eleggere il proprio nuovo governatore vengono sospesi, cristallizzati nel nulla eterno. Con la scusa che in quelle regioni si vota alle regionali, i congressi locali, nelle medesime, non si fanno. Un modo come un altro per tenere, bene in sella, i dirigenti locali che, oggi, fanno capo ai vecchi big (Zingaretti in Lazio, la sinistra in Lombardia) e non effettuare alcun rinnovamento interno. Altra norma ‘anti-Bonaccini’ che, soprattutto in Lazio e in Lombardia, di sicuro sposterà voti. Sempre che, s’intende, l‘anti-Bonaccini si trovi, che il tempo passa e i candidati, tranne quelli minori (De Micheli, Ricci, etc.) scarseggiano.