Siena, 22 gennaio 2022 - "Non ci sono divieti, né muri, né impedimenti alla realizzazione di un'indagine interna sul dramma della pedofilia nella Chiesa. Anzi, anche su questo aspetto, io credo che tutto ciò che tenda all'accertamento della verità sia sempre importante e necessario". La Conferenza episcopale italiana rifletterà sull'opportunità di stilare un dossier sui casi di abusi sui minori sul modello di quanto realizzato dalla Chiesa di Monaco e non solo: a fronte di un dibattito interno crescente, ad aprire a questa soluzione è il cardinale Paolo Lojudice, 57 anni, arcivescovo di Siena, tra le figure più rappresentative dell'episcopato italiano. L'alto prelato ha contribuitoad avviare 'Fonte d'Ismaele', l'Osservatorio per i diritti dei minori.
Cardinale, dunque anche in Italia si potrà avere un dossier accurato sulla portata degli abusi sui minori nella Chiesa?
"Penso che questo possa anche accadere, la sensibilità sta maturando. L'importante, però, è che ciò non diventi un modo per sviare l'attenzione sulle violenze sui bambini in famiglia".
Sono due facce di uno stessi dramma, non trova?
"Sì, ma tutti sappiamo, perché sono le statistiche che ci consegnano questi dati, che la stragrande maggioranza degli abusi non avviene per mano di preti o religiosi. Si verifica principalmente nelle famiglie tradizionali o in quelle allargate, anche se avverto purtroppo una sottovalutazione del problema".
A proposito di statistiche, il presidente della Cei sta valutando l'ipotesi di un dossier in quanto, a suo dire, la pedofilia nella Chiesa non si affronta con i numeri.
"Concordo con lui sul fatto che le statistiche non bastano. Non servono soprattutto se fatte solo per suscitare clamore, devono piuttosto essere degli strumenti per scavare dentro al fenomeno e individuarne le cause".
Occorrono dei paletti nell'ottica di una futura indagine?
"Ritengo che una simile ipotesi, da concludersi con un dossier, vada studiata bene per evitare che si addossi alla sola comunità ecclesiale la responsabilità di tali abusi e non si affronti la questione nella sua interezza. Anche il lavoro che in ogni diocesi stanno compiendo le nuove commissioni per la prevenzione della pedofilia, o almeno io parlo di quella costituita a Siena, è per così dire più allargato".
Che cosa intende?
"L'opera della nostra equipe cerca soprattutto di offrire agli operatori ecclesiali gli strumenti per cercare d'intercettare, per quanto possibile, i segni dati dai minori abusati nei diversi contesti, compresa la Chiesa, anche se nel nostro caso le percentuali sono infinitesimamente più basse".
Padre Zohlner, presidente della Commissione antipedofilia della Università Gregoriana, stima un 3-5% di preti pedofili: non sono briciole.
"Anche se fosse solo uno è già gravissimo. Non voglio minimizzare. A me interessa la tutela dei bambini, sono loro al centro. Questi vanno tutelati costi quel che costi. Anche per tale ragione bisogna evitare che si dica che il problema sia solo della Chiesa. Non è affatto così".
Quando si parla di pedofilia nel mondo ecclesiale, si rintraccia fra le cause del fenomeno la formazione dei preti. Ci sono state carenze in passato?
"Probabilmente in alcuni casi si è data più importanza al numero di futuri sacerdoti che alla loro qualità. Questo significa che si è accolto nei seminari anche candidati al sacerdozio che non ne avevano i requisiti, né umani, né psicologici. Per nove anni sono stato direttore spirituale del Seminario maggiore romano e posso dire che oggi c'è per fortuna una grande attenzione al discernimento dei futuri preti, anche avvalendosi di figure professionali, anche in campo psicologico. Oggi servono più di otto anni di formazione prima dell’ordinazione"..