Roma, 28 gennaio 2024 – Ma in Italia chi verrebbe chiamato alle armi in caso di guerra? Abbiamo ancora nella memoria le parole choc di Patrick Sanders, capo di Stato maggiore delle forze britanniche. Con quel riferimento ai civili che devono essere pronti a combattere contro la Russia di Putin, se sarà necessario. Mentre il ministro della Difesa, Guido Crosetto, lavora per costituire una forza di 10mila riservisti, pronti a intervenire in supporto alle Forze armate in caso di estreme necessità, come guerre o gravi crisi internazionali.
Cerchiamo di capire come funzionano le cose nel nostro Paese, in cinque passaggi e altrettante domande con la guida di Paolo Remer, ex magistrato, che ha scritto proprio su questo tema su La legge per tutti.
1. In caso di guerra, chi può essere arruolato?
Prima di tutto i militari di carriera delle nostre Forze armate (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza). In seconda battuta, gli ex militari che abbiano completato il servizio da meno di cinque anni. Ma se le forze non fossero ancora sufficienti? Allora entrerebbero in campo i civili. La chiamata avverrebbe sulla base delle liste di leva che comprendono tutti i cittadini maschi tra i 18 e i 45 anni. Per essere arruolati bisogna però essere dichiarati idonei alla visita.
Chiarisce Remer: “I militari di carriera sono sempre a disposizione. E dobbiamo precisare che le emergenze potrebbero non arrivare a una guerra vera e propria”.
2. Chiamata alle armi, chi è escluso?
Sono esclusi dal richiamo alle armi, ricorda l’ex magistrato, “i Vigili del fuoco e gli appartenenti alle Forze di polizia ad ordinamento civile, dalla Polizia di Stato alla penitenziaria alla Polizia locale”.
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3. Chiamata alle armi, i civili si possono rifiutare?
Ma è possibile rifiutare la chiamata? No. E lo spiega chiaramente l’articolo 52 della Costituzione: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici. L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”. Quindi il rifiuto di fatto è un reato. E per evitare la chiamata alle armi si deve avere un grave motivo di salute.
Secondo Remer però nel concreto “l’arruolamento dei civili è un’eventualità davvero remota. C’è prima di tutto un problema di formazione e addestramento che richiede tempo”.
4. Può tornare la leva obbligatoria?
La leva obbligatoria è stata ‘congelata’. Ma può tornare? La risposta a questa domanda si trova nel Codice di Ordinamento Militare. Che all’articolo 1929 chiarisce: “Le chiamate per lo svolgimento del servizio obbligatorio di leva sono sospese a decorrere dal 1° gennaio 2005. Il servizio di leva è ripristinato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, se il personale volontario in servizio è insufficiente e non è possibile colmare le vacanze di organico, in funzione delle predisposizioni di mobilitazione, mediante il richiamo in servizio di personale militare volontario cessato dal servizio da non più di cinque anni”. Questa prospettiva, stabilisce il codice, è riferita a due casi molto precisi: “Se è deliberato lo stato di guerra ai sensi dell’articolo 78 della Costituzione; se una grave crisi internazionale nella quale l’Italia è coinvolta direttamente o in ragione della sua appartenenza ad una organizzazione internazionale giustifica un aumento della consistenza numerica delle Forze armate”.
5. In quali casi l’Italia può entrare in guerra?
"L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
Questo principio fondamentale è fissato nell’articolo 11 della Costituzione. Che esclude così una guerra offensiva. Ma nel caso di conflitto difensivo, l’articolo 78 prevede che “le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”. La chiamata alle armi è possibile anche nel caso di un attacco alla Nato. L’articolo 5 del Trattato stabilisce che se una nazione facente parte dell’Alleanza subisse un’aggressione, le altre sarebbero in dovere di intervenire.