Giovedì 13 Marzo 2025
REDAZIONE CRONACA

Chef Rubio, processo per diffamazione e istigazione alla violenza: ecco cosa ha detto

Il 41enne Gabriele Rubini è stato rinviato a giudizio dal gup di Roma. Ecco le affermazioni contro gli ebrei e lo Stato di Israele che lo hanno portato alla sbarra

Il personaggio televisivo Chef Rubio, al secolo Gabriele Rubini

Il personaggio televisivo Chef Rubio, al secolo Gabriele Rubini

Roma, 13 marzo 2025 – Chef Rubio rinviato a giudizio per diffamazione aggravata e istigazione alla violenza. È l’accusa formulata dal guo di Roma contro il 41enne Gabriele Rubini, il cuoco ed ex rugbista diventato famoso in tv, al termine dell'udienza preliminare in cui si sono costituite parte civile la comunità ebraica di Roma e l'Ucei. Nel mirino della procura, due diversi episodi risalenti al 2020: un intervento in radio in cui parlava di antisemitismo – “Non c'è solo l'olocausto”, aveva detto – e in un discorso in un centro sociale di Roma contro lo Stato di Israele. Il processo è stato fissato per il 1 giugno 2026.

Di cosa è accusato lo chef Rubio

Le contestazioni risalgono a febbraio e marzo 2020 per due distinti interventi di Chef Rubio. Il primo su un'emittente radiofonica in cui “con riferimenti denigratori – si legge nel capo di imputazione – offendeva la popolazione ebraica e lo Stato di Israele”. La denuncia è scattata dopo questa affermazione: “Non c'è solo l'olocausto, ci sono tantissimi genocidi nel mondo, ma se ci fate caso siamo portati a pensare solo a quello che ha colpito gli ebrei, che poi non tutti gli ebrei perché quelli ricchi si sono venduti pure le sorelle e le famiglie”, ha detto lo chef.

"Pronto a prendere le armi contro Israele”

In un'altra occasione, durante convegno in un centro sociale della Capitale, Rubini “istigava a commettere violenza – secondo l'accusa – o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi nei confronti dello Stato di Israele, Nel discorso, lo chef aveva detto di “essere pronto a prendere le armi, qualora fosse necessario, contro lo stesso Stato di Israele”. Nella ricostruzione della procura ci sono anche “messaggi dello stesso tenore” pubblicati sui profili social.